MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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«Vince sempre il teorema Boncompagni...» - di Mario Luzzatto Fegiz

Parla Luzzatto Fegiz, critico storico di Sanremo: il festival è così, funzionano le «sublimi puttanate»



Antonio Rapisarda
Roma. Che "razza" di Sanremo è stato quello che si è appena concluso? Perché - tra il caso Morgan (preceduto da quello Povia) e la discesa dei "nuovi barbari" della scuderia De Filippi - è stata un'annata che ha visto un successo di pubblico, la protesta degli orchestrali, le critiche ai Savoia. Per capirne qualcosa, data la mole di note, fatti e misfatti ne abbiamo parlato con Mario Luzzatto Fegiz, critico musicale e firma storica del Corriere della Sera, che del Festival e di tutto ciò che ruota attorno è osservatore attento (e divertito).
Iniziamo con le "luci" di questo Sanremo per un critico musicale come lei.
Prima di tutto va registrato un salutare ritorno della centralità della musica. Perché col tempo il ruolo del critico musicale ha perso un po' il suo senso in un contesto in cui nani, ballerine e comici dettavano la scena: siamo stati condizionati per molto tempo dal fatto che il rilancio del Festival sia arrivato nell'anno in cui l'Ariston ha ospitato Benigni. Lui faceva ascolti, si parlava solo delle sue performance. In qualche modo si era stabilito che solo i comici erano in grado di sostenere Sanremo, assieme agli scandali. E quindi il Festival era diventato sempre più televisivo: il critico musicale, di conseguenza, si era trasformato in un critico "televisivo". Il contenitore, infatti, ha cominciato a prevalere sul contenuto.
E le ombre?
A mio avviso è un problema ormai storico. È quasi impossibile per qualunque presentatore e per qualunque compagine musicale, reggere uno spettacolo di cinque giorni con questa materia prima. Esiste un problema di dilatazione eccessiva del Festival legato forse agli interessi del Comune. Ma la manifestazione di per sé non avrebbe bisogno di così tanto spazio.
Ha parlato del ritorno della centralità della musica. Ma non sarebbe meglio dire dello "show" quando si parla di Sanremo?
Certamente fatti estranei alla cronaca musicale hanno fatto battage. Ma nel momento in cui si discute di contenuti come nel caso della canzone di Povia il dibattito è aperto perché fa parte del dibattito culturale. No, direi che la centralità della musica è stata dovuta a vari fattori: la principale è stato l'inserimento dei figli dei talent show che hanno fatto da collante a questa macedonia che è alla base del casting di Sanremo. Ossia si prendono un po' di cantanti storici, delle boy band, un Cristicchi, insomma tutto ciò che può funzionare musicalmente o per contenuti. E questo porta a scontentare tutti: stavolta invece con il talent show si è avuto un rinnovamento diretto e indiretto.
Puoi spiegarci cosa intende?
Diretto perché grazie alla loro presenza e al loro impegno - perché chi esce da questi programmi è un marine, uno abituato a far colpo in due minuti e mezzo - sono adatti al modo in cui funziona Sanremo. Indiretto perché questi nuovi protagonisti, capaci di bruciare i fuochi d'artificio in poco tempo, hanno poi stimolato anche attraverso i giochi di composizione e di arrangiamento un po' tutti i cantanti storici.
Tutto merito loro?
È stato molto bravo Mazzi (direttore artistico, ndr) a non essere burocrate, ha lasciato molto libertà. Così com'è stata bella l'idea di mettere in scena canzoni di repertorio da parte di artisti di primo piano: anche se con risultati discutibili. Ma qui entra in gioco il tema della divulgazione musicale: perché dobbiamo metterci in testa che le canzoni non si tramandano con i dischi, ma con gli spartiti e la rilettura, come rivive De André grazie a Cristiano. Noi abbiamo creduto che il cd fosse tutto, invece no, è vecchio: il gusto cambia, il diapason cambia. E quindi il riscatto di Sanremo passa anche da qui. Dopo di che: televoto o no la cosa poco importa.
Non mi dica che...
Non sta scritto da nessuno parte che a Sanremo debba vincere il migliore. È chiaro che le giurie demoscopiche sono molto più serie. Quest'anno, poi, erano quasi una giuria tecnica, tanto erano preparati. Se ne intendevano quasi quanto l'orchestra. Certo quando si passa dal giudizio di questi al televoto si fa una svolta: perché questo risponde ad altri meccanismi.
Questa frattura poi è stata rimarcata anche dal gesto plateale dell'orchestra.
Certo, il gesto ha reso evidente una frattura. E ha dimostrato che nonostante questi pesino moltissimo, non hanno pesato abbastanza per tirare su Malika Ayane.
E se le dico Malika Ayane e Valerio Scanu? Sono la dimostrazione del conflitto tra critica e pubblico?
Non sono mai stato uno snob e ho sempre amato la musica popolare. E ho saputo dire - un po' come fece Fantozzi con la proiezione della Corazzata Potemkim - anche quando un'opera di un grande era noiosa. Questo per dire che anche le giurie tecniche a volte non votano per ciò che piace ma per ciò che si ritengono in dovere di farsi piacere. Per cui alla fine il mercato è padrone. E poi c'è anche il "teorema Boncompagni".
Che cosa sostiene?
Una cosa semplice: se puttanata deve essere, che sia sublime. Le devo dire che per qualche secondo ho avuto la tentazione di dare "otto" al pezzo di Pupo e di Emanuele Filiberto perché era una tale follia che in fondo ha meritato di andare in finale: poi per ragioni di deontologia ho dato un voto basso. Anche perché c'erano delle ragioni politiche, mica questa monarchia dei Savoia ci ha fatto dei grandi favori. Insomma se mi avesse cantato "casetta in Canadà" non c'erano problemi: poi il brano aveva anche una metrica zoppicante, una scrittura mediocre.
Che cosa resterà di "Italia amore mio"?
Sicuramente qualcosa di più di quella di Scanu.
La sua personale classifica?
Prima Irene Grandi con una canzone di grande respiro, seconda Malika e il suo mix di ingredienti e terzo Marco Mengoni, un personaggio interessante con una sua complessità. Sono tre brani che volano alto. A Sanremo magari non scalano la vetta, però lo faranno probabilmente quando si parla di vendite. Comunque devo dire che in generale canzoni brutte non ce n'erano. Qualcuna inutile sì, come quella dei Sonohra o quella di Toto.
E quella di Povia?
Mi è sembrata una canzone onesta. Ma privata dei motivi ispiratori non è che abbia avuto questo grandissimo successo. Era molto "poviesca", piena di piccioni e di bambini che fanno oh.., ma bruciata purtroppo dalle polemiche che l'hanno preceduta.
Si vocifera infine che potrebbe essere Maria De Filippi la nuova conduttrice del Festival. Siamo destinati insomma Sanremo versione "Amici"?
Io trovo la De Filippi veramente bravissima. Mi pare che abbia messo in moto questa scuola dei talent show in maniera molto seria. È quasi britannica, è una preside di poche parole. A mio avviso se lo meriterebbe e sarebbe un Festival bellissimo. Io di questa invasione dei talent show non mi spavento più di tanto: diciamo che spiazza un po' la critica per il semplice fatto che il critico della mia età è abituato a giudicare prodotti finiti e non personaggi in divenire. E quindi li ho combattuti un po' pro domo mea, per salvaguardare una professione. Detto questo ora è nata una nuova generazione di cantanti abbastanza potenti che però non è detto che surclassino gli storici. Perché agli artisti di una volta è stata data l'opportunità di crescere anche di fronte agli errori, questi invece non possono fallire: se sbagliano un disco o una trasmissione questi vanno a casa.


23/02/2010



http://www.secoloditalia.it

Mario e Maria

Mario e Maria

"Io trovo la De Filippi veramente bravissima. Mi pare che abbia messo in moto questa scuola dei talent show in maniera molto seria. È quasi britannica, è una preside di poche parole. A mio avviso se lo meriterebbe (di condurre Sanremo) e sarebbe un Festival bellissimo".

Questa una parte della sua risposta all'ultima domanda nell'intervista che ha concesso al Secolo d'Italia.
Io però continuo a non capire. Non discuto le capacità professionali della signora in questione. Però ritengo che etica e morale abbiano ancora una certa importanza. Due parole che la de Filippi credo non sappiano nemmeno dove stiano di casa. I suoi programmi sono infarciti di un perbenismo d'accatto che mi fa venire la pelle d'oca. Uno sfrugugliamento nelle miserie private (spesso inventate di sana pianta) che non ha nessun senso o significato se non quello di ritagliare un ruolo alla signora da novella maestrina da libro Cuore. Ha educato al "tronismo" e al "velinismo" buona parte di una intera generazione. Non è l'unica, certo, ma come dicevo in un altro mio post è il simbolo di un certo modo di imporre una finta-morale pubblica.
A me sinceramente è una persona che non solo infastidisce, ma mette un certo sgomento.
Davanti a personaggi simili non ci si può limitare a dire che "è brava a fare quello che fa".
Io non so se il mio è un problema generazionale, ma non ho nessuna intenzione di perdere la capacità di indignarmi.



Guerrilla Radio - da Fegiz Files

Sanremo 2010 una precisazione doverosa

Egregio Sig Fegiz ho letto la sua intervista al Secolo, vede le persone che si sono permesse di fare delle supposizioni sulle votazioni del Festival, non lo hanno fatto perchè mosse da fanatismo o perchè intendevano disturbarla, ma solo e semplicemente perchè si sono sentite prese in giro. Io di festival ne ho visti diversi ma mai come stavolta ci si sentiti presi cosi tanto in giro. Nessuno ha mai protestato per la vittoria di Ramazzotti, Giorgia, Fogli, Cocciante, Pooh, ma anche certe vittorie quando sono state annunciate (Al bano Romina Power, i Ricchi e Poveri)erano in parte condivisibili anche da coloro a cui magari non piacevano. Ce ne faremo una ragione di questo festival 2010, spero che da questa esperienza gli italiani non utilizzino più il televoto e che abbandonino per mancanza di credibilità i programmi televisivi di pupo e clerici facendo cosi crollare audience, è unica arma che il telespettatore ha, è poco ma spero che venga utilizzata, si sperava solo in una maggiore solidarietà con il pubblico da parte della stampa e da parte delle case discografiche. Peccato.

Gunther - da Fegiz Files