Come arrendersi volentieri a Sade ("Soldier of love" esce il 5 febbraio)
Morbidamente martellante, sensuale, da viverci e anche dormirci sopra per qualche giorno, esce il 5 febbraio "Soldier of Love", il nuovo album dei Sade, a dieci anni da "Lover's Rock" del Duemila e sesto album di studio in venticinque anni della band capitanata da Sadu Ade, artista anglo-nigeriana sempre vissuta in Inghilterra e da qualche tempo catapultata dalla vita nella campagna inglese, con il nuovo compagno e la figlia Ila nata nel 1996 dalla sua unione con un musicista giamaicano.
L'album è maturato al Real World Studio di Peter Gabriel, non lontano da casa sua, dove i musicisti si sono riuniti nel 2008 per trovare suoni e idee da far nascere liberamente in studio, su materiale abbozzato da Sade nella cantina di casa.
Sono 10 brani che recano l'inconfondibile marchio di fabbrica della ditta, in un flusso continuo e libero di ovattate emozioni sostenute da un unico groove ma piegate poi senza fatica a diverse atmosfere. Sono delicate sculture sonore con risvolti struggenti come "In Another Time" con il suo sassofono piangente, mentre la title-track - più eccentrica ed elaborata rispetto al resto dell'album - ha questo lieve ritmo vagamente militare per parlare in realtà di ricerca della vita e della fede.
Ma è singolare la cura meticolosa di piccoli e fuggenti particolari che si rincorrono per scomparire subito, lasciando un'impressione di grande fluidità. Un battito di mani, quattro note di pianoforte, una chitarra flamenca, un'altra distorta, un rapido violino, creano un flusso di rilassato godimento al quale si finisce per arrendersi volentieri. Cosa che non capita mica tutti i giorni, no?
Nulla di nuovo all'orizzonte, noia abissale su una struttura morbida, elegante che ha solo il compito di rimpinguare le casse vuote.Appena arrivati a metà canzone come nella precedente si e' già tentati di far sparire tutto con un colpo di mouse tanto la melodia e' avvitata su sè stessa in maniera piu' che prevedibile e scontata.Insomma "Non ci sono emozioni".Ciao Michele
Il singolo non mi aveva colpito. Anche le due versioni differenti della canzone che ne fanno parte non aggiungevano niente di nuovo e di originale.
L'album l'ho ascoltato... e francamente ascoltarlo per intero porta alla sonnolenza.
Si inizia con "The Moon And The Sky" lenta, che rimanda al precedente album in studio.
"Moning Bird" (lenta e soporifera).
"Babyfather" (scarna, lenta con un leggero ritmo in più rispetto alle precedenti canzoni), ma il ritornello a tante voci non colpisce affatto.
"Long Hard Road", dal titolo sembra una folk song di stampo americano, ma poi ascoltando la lentezza e l'arrangiamento ci si fa ricredere. Noiosa.
"Be That Easy", anche questa lenta.
"Bring Me Home", è già più ritmata ma il sound scarno e seppure elegante non la fanno decollare.
"In Another Time", profuma di anni '50, e il pianoforte la rende gradevole. Resta comunque una canzone lenta ma si discosta dalle altre. Forse il pezzo migliore di tutto l'album.
"Skin", anche questa con un arrangiamento scarno, ma la canzone è lenta, troppo lenta e concilia il sonno.
"The Safest Place". Almeno questa può essere più veloce e carica di energia? Ed invece no... anche questa è lenta.
Non rientrava nelle mie aspettative. Pazienza.
Ciao.