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Il nuovo volume di Don Backy "Storia di altre storie... Memorie di un Juke Box - '70 - '80"

Elenco delle librerie dove è possibile acquistare il nuovo volume di Don Backy "Storia di altre storie... Memorie di un Juke Box - '70 - '80"





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Don Backy: «I miei anni '70 da toscanaccio on the road» - Dal Secolo d'Italia

Don Backy: «I miei anni '70 da toscanaccio on the road» - Dal Secolo d'Italia di martedì 19 gennaio 2010


Un disco e un libro. Quale migliore modo di festeggiare i cinquant’anni di carriera per un cantautore che è anche un vero scrittore? È passato giusto mezzo secolo dal gennaio del ’60, quando un appena ventenne Aldo Caponi arriva nella capitale da Santa Croce sull’Arno, paesino toscano in provincia di Pisa, con 100mila lire in tasca: la somma concordata con la Manhattan di Tito Schipa per il battesimo musicale. Nella sala d’incisione di Vicolo Scavolino, a due passi da Fontana di Trevi, nasce Agaton, il primo nom de plum di Don Backy. Un parto frettoloso, diverso da come se lo sarebbe aspettato. Davvero pochi convenevoli. «Non feci neanche in tempo a entrare – ci racconta adesso – e mi dissero una frase che all’epoca feci fatica a capire: “qui la sala corre”». Gli concedono un’ora per arrangiare in versione moderna un vecchio slow. Lui mastica un po' amaro, è costretto a rimettersi in tasca i pezzi rock che s’era portato da casa e con la sua band dei Pirati tira subito fuori Volo lontano / Solo con te, il 45 giri cui seguiranno tante altre canzoni che hanno lasciato il segno nella nostra storia musicale.
Una storia da raccontare. E Don Backy l’ha fatto, senza autocelebrarsi con toni nostalgici, ma dando vita a una narrazione corale che restituisce l’atmosfera di quegli anni in cui tutto sembrava possibile. Se in Questa è la storia. Memorie di un juke box (Coniglio Editore 2007, p. 256, € 29,50) l’autore si è soffermato sul periodo che va dal ’55 al ’69, nel nuovo volume in libreria da domani, mercoledì 20 gennaio – Storia di altre storie… (Edizioni Ciliegia Bianca, p. 300, 700 fotografie, € 30) – ripercorre l’intero decennio dei Settanta. Lo stesso giorno, per la medesima etichetta – la sua, ché dopo innumerevoli tribolazioni con discografici ed editori ha deciso di mettersi in proprio – è prevista anche l’uscita dell’atteso cd, Il mestiere delle canzoni (€ 15), raccolta dei suoi pezzi migliori. Apre la compilation Sulla strada. «Non è un caso – ci dice – ma si tratta di una dedica proprio a Jack Kerouac, perché la mia casa sin da quando ero ragazzino è stata la strada». E il libro altro non è che il racconto della sua personale (e generazionale) ricerca di una "via italiana al beat". Dalla rottura del sodalizio con Adriano Celentano alla ricerca di una originale dimensione artistica. «Dovevo uscire dal cono d’ombra del mito di Adriano», spiega. Le principali case discografiche dell’epoca lo mettono sotto contratto, ma i rapporti con i direttori artistici si dimostrano subito problematici. Non gli fanno incidere neanche Sognando, la canzone che sarà portata al successo da Mina. La RCA gli annuncia di averlo scelto per una commedia musicale. Il ruolo è da protagonista: un marinaio «alla Corto Maltese» impegnato in un’avventura nei mari del Sud. Nel frattempo gli fanno incidere alcuni disci, poco curati e senza adeguata promozione.
«La verità – ci dice Aldo/Don senza alcun risentimento – è che preferivano coltivarsi i cantanti protestatari». L’ideologia ha spazzato via il vitalismo libertario che era giunto d’oltreoceano e soffocato ogni creatività che non si piegasse al nuovo conformismo. E il mondo musicale cerca di cavalcare l’onda assecondandone gli umori. Don Backy, però, irregolare per temperamento, non ha nessuna intenzione di mettersi a favore di vento. Non che le sue canzoni esprimessero concetti banali, tutt’altro. Capolavori come L’immensità e Poesia sono lì a dimostrarlo, tanto che nella recente trasmissione Ciak si canta (Rai Uno) hanno avuto, con la realizzazione di due videoclip, quella consacrazione televisiva che sinora gli era stata incredibilmente negata.
Sta di fatto che la promessa commedia salta e Don fa le valigie. Libero di lasciarsi guidare solo dall’inesauribile voglia di sperimentare nuove contaminazioni culturali, di mettersi alla prova. Inizia misurandosi con il fumetto, pur senza aver mai disegnato fino a quel momento. «Amavo Hugo Pratt alla follia – ci racconta – e dopo aver comprato tutto l’armamentario del grafico mi misi a disegnare, ovviamente copiando il mio maestro. Una tavola dietro l’altra, fino a quando trovai un mio stile e realizzai un’avventura completa: una banda di ragazzini che con l’aiuto di un genio della lampada combattono per salvare il prato dove giocano dall’insediamento di un cementificio». Ne viene fuori una commedia a fumetti che arriverà in tv nel ’78 in 9 puntate con il titolo di Sognando, ché tutta la vicenda è frutto del sogno di un bambino. Inarrestabile, nel ’80 scrive musiche e canzoni di un’altra commedia musicale, che stavolta porterà in teatro – Teomedio, testo di Fabio Storelli – riservandosi il ruolo del protagonista e inaugurando un genere sino a quel momento inesplorato. Successo che ripeterà poco dopo con il Marco Polo, sempre in teatro. Talento poliedrico, trova anche il tempo di recitare in una ventina di film di film memorabili, tra i quali spiccano I sette fratelli Cervi, Barbagia, Satyricon, Banditi a Milano e Cani arrabbiati. Questi ultimi tre, peraltro, sono stati proiettati la scorsa estate alla sala Trevi di Roma (attuale Alberto Sordi) nel corso di una retrospettiva dedicata proprio a Don Backy attore, cui è seguito un dibattito con ospiti d’eccezione come Carlo Lizzani e Lamberto Bava. Ancora nel '99, Don Backy è apparso in Pane e tulipani, il bellissimo film di Silvio Soldini, nel ruolo di se stesso che canta. Sì, perché dopo un lungo e incomprensibile boicottaggio – durante il quale, va detto, il nostro non si è mai arreso, continuando ad andare imperterrito sulla sua strada – si è finalmente riscoperto il contributo di questo stupefacente e prolifico artista, nei confronti del quale è infinito il debito di riconoscenza che dovrebbero nutrire molti cantanti che hanno costruito la loro fortuna grazie ai suoi testi. La pubblicazione de L’ultima occasione per vivere (Tea 2009, p. 287, € 49), biografia postuma di Mia Martini a cura di Guido Harari e Menico Caroli, ha rivelato peraltro che l’indimenticata artista calabrese trascrisse sul suo diario parte del testo di Sognando. Probabilmente aveva intenzione di proporne una sua versione. La notizia ha commosso Don Backy: «So che cercava il modo di esprimere le sue angosce – ha detto – e il fatto che si sia identificata nella tragica protagonista di quella canzone mi ha toccato profondamente».
È da salutare con piacere, pertanto, il ritorno di Don sul piccolo schermo, dov’era stato incredibilmente escluso da ogni palinsesto, addirittura dalle trasmissioni di revival musicale dove pure avrebbe avuto pieno titolo a partecipare. Qualcosa è cambiato e negli ultimi anni non c’è programma che non l’abbia giustamente valorizzato. Da C’era una volta il festival a Una rotonda sul mare, da Ti lascio una canzone a I migliori anni, Don Backy è stato restituito al suo pubblico. Lui, però, non è tipo da accontentarsi di “amministrare” il proprio patrimonio di canzoni. L’entusiasmo di questo splendido settantenne è pari a quello di un tempo e i progetti non mancano. Dal terzo volume di “memorie” (1980/1995) alla correzione e ristampa del suo primo romanzo: un vero cult, Io che miro in tondo. Lo pubblicò nel ’67 la Feltrinelli e c’è dentro gran parte dell’immaginario dell’autore: dall’America del Sud al jazz di Louis Armstrong, da Fred Astaire a quel libertarismo cui non ha mai rinunciato. E che oggi, dopo l’ubriacatura ideologica, torna a soffiare benefico sul nostro paese.



Roberto Alfatti Appetiti