MUSICA




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Svolta "Facile" - Mina adotta il rock italiano di Federico Vacalebre

Avrà anche 69 anni, ma se Mina torna regina della sexy song non ce n’è per nessuno. «Quando tu mi manchi / devo avere calma / sento il cuore che si danna/... perché non ti tengo/ non ho la tua bocca dentro la mia bocca» attacca in «Questa vita loca», motivo latino del cubano Francisco «Pancho» Cespedes tradotto per lei dal ritrovato Cristiano Malgioglio, e trasformata in promessa/premessa sensuale dal tono caldo, da certe parole calcate e poi dilatate, da certi respiri profondi. Si apre così «Facile», album del ritorno alla canzone, dopo l’esperienza belcantistica di «Sulla tua bocca lo dirò», che si segnala per affinità e divergenze dalla sua produzione abituale di inediti: in copertina il fido Mauro Balletti disegna Nostra signora del canto libero come un «facile» sgorbio infantile, gli arrangiamenti (di Franco Serafini, Nicolò Fragile, Gabriele Comeglio e Massimiliano Pani, che è anche il produttore dell’album) sono più vari e meno jazzati che nella produzione più recente. Immediata più che «Facile» è l’emozione che attanaglia all’ascolto di «Con o senza te», cesellata con voce spezzata, impreziosita dal clarinetto melanconico di Comeglio e firmata da Samuele Cerri con Mattia Gysi e il nipote Axel Pani. Inevitabile è l’applauso che scatta quando Anna Maria Mazzini si mette al servizio del meglio della scena (ex) alternativa italiana. «Adesso è facile» è un duetto-capolavoro, scritto da Manuel Agnelli e suonato dagli Afterhours, di cui la donna dalla tintarella di luna aveva già ripreso «Tre volte dentro me» e per cui aveva apertamente tifato in occasione dell’ultimo Sanremo. Una melodia all’italiana costruita come larghissima ballata rock in cui convivono archi e chitarre elettriche. «Non ti voglio più» è la perla raggelante («Se non fossi di plastica cercherei di scaldarti») scritta, arrangiata, suonata e prodotta da Davide Dileo, alias Boosta dei Subsonica, sospesa tra profumo di sixties ed echi della generazione Radiohead prima di affondi vocali di suprema entità. Un uno-due da mozzare il fiato, da trasformare l’ex urlatrice nel migliore sponsor possibile della scena rock italiana: «È vero, lei è più avanti di tanti nel mondo fasullo della canzone», conferma Agnelli, «ed è anche diversa dal fantasma del palcoscenico che si descrive tra un gossip e l’altro. È uscita dalla pazza folla quando ha deciso di essere persona, donna, oltre che artista, ma ha la curiosità di un’eterna ragazza. Avevo paura a scrivere per lei, è la più grande d’Italia, tra le 10 più grandi del mondo, di tutti i tempi. Io lavoro per la band, non sono un autore, ma dopo che lei si è esposta per noi al Festival non potevo più aspettare. Quando ha sentito il pezzo ha voluto lo suonassimo noi, che duettassi con lei, ha lavorato al nostro fianco in sala di registrazione. Sono orgoglioso di quest’esperienza, spero di essere stato alla sua altezza, di averle permesso di essere estrema come sa e puo’ solo lei». Diverso il percorso del brano di Boosta, che racconta: «Ho mandato il pezzo a Massimiliano Pani, come da anni fanno in tanti. Lei l’ha scelto e io mi sono sentito al settimo cielo. Mina è una donna splendida, ti fa essere te stesso, si lascia portare con tranquillità poi aggiunge il suo talento smisurato. Oltre che un’artista eccezionale, è una persona fuori dal comune, generosa, vitalissima, con una famiglia splendida. Con lei si lavora in un clima perfetto. È davvero una cosa rara in un’epoca in cui regna l’egoismo». Magistrale e imprevedibile, Mina aggiunge al cocktail del disco il richiamo da pop-chanson di «Volpi nei pollai» e ribadisce la collaborazione con il team Andrea Mingardi-Maurizio Tirelli che, dopo aver monopolizzato «Bau», si ripete firmando qui quattro brani, tra cui un titolo buffo come «Più del tartufo sulle uova» e un altro, «Eccitanti conflitti confusi», rubato all’lp del 1985 del cantautore-soulman padano. Qui la media compositiva si abbassa, ma la voce, magari anche per questo, si libra libera, regala volute, discese ardite e risalite, picchi inaccessibili a (quasi) chiunque altro, espressività ignote a chiunque altro, passando da acuti a improvvise raucedini, da melodie tradizionali a blues dall’inconfondibile birignao. La ritrovata chanteuse sexy di «L’importante è finire» si confessa «Carne viva» (Malgioglio-Castellari) in una torch song sospesa tra attimi «indecenti» e il desiderio di essere almeno «l’amante del momento... le mie gambe fra le tue gambe». Poi accetta - con certezza di uscirne vincente - il tradimento e il triangolo in «Il frutto che vuoi», firmata dal figlio con un’altra sua vecchia conoscenza come il napoletano Maurizio Morante. Un disco «facile» nel senso di bello.

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