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Mina è "Facile" fra Agnelli e Boosta (poi tradizionale con Mingardi&C.) di MARINELLA VENEGONI

Mina è "Facile" fra Agnelli e Boosta (poi tradizionale con Mingardi&C.)
MILANO
"Facile", come recita il titolo? Abbastanza. Il nuovo disco di inediti di Mina (esce oggi con una simpatica copertina che ne riproduce il volto dentro un disegno infantile) è una raccolta assai eclettica di 12 brani: firmati da vecchie sue conoscenze come Cristiano Malgioglio (sì, proprio lui, quello con la crestina bianca), Andrea Mingardi (quello che pare divertirla di più) o lo stesso figlio Max Pani (anche produttore dell'opera intera, e come sempre molto classico), più un gruppetto sparuto di newcomers, e poi anche alcuni pregevoli esponenti della scena alternativa italiana. Si tratta di Manuel Agnelli degli Afterhours e di Boosta dei Subsonica, gli autori che più dovrebbero lasciare il segno in «Facile».


Boosta, con il suo vero nome Davide Dileo, firma arrangia e produce «Non ti voglio più», notevole pezzo lento, dall'atmosfera rarefatta, ben costruito e vagamente beatlesiano, in uno stile che a chiunque farebbe pensare come autore, meno che a un Subsonica e re dei DJ set. Sono i misteri insondabili del subconscio, che non si palesano invece all'ascolto di «Adesso è facile» di Manuel Agnelli: qui il più puro stile Afterhours viene enfatizzato da una melodia sghemba e subito riconoscibile, anche per via del duetto che s'intreccia fra le voci di Manuel e della protagonista dell'album; il leader degli Afterhours era tra l'altro già entrato in un disco mazziniano nel 1997 con «Tre volte dentro me», rivisitazione del brano della band «Dentro Marilyn». Visto l'interessante approccio della Signora a questo mondo alternativo, sarebbe anzi sfizioso ascoltarla in un album intero di autori di quel tipo, con la voglia di rimettersi in gioco, lontano dalle tentazioni della classicità o del deja vu.

Classicità che invece è sempre in agguato sotto le firme di altri prediletti, storici autori. A partire da Andrea Mingardi, l'uomo che ha dato a Mina il suo ultimo pezzo che tutti ancora canticchiano, «Mogol-Battisti»: del quale si rintracciano anzi briciole e afrori in «Non si butta via niente», un lieve rhythm'n'blues dagli interludi scoppiettanti, dove canta di depressione magnificando l'effetto tiramisù che può avere l'ascolto dei Temptations; e in fondo, sempre in quel mondo bazzica pure «Più del tartufo sulle uova» che, dentro un'atmosfera di fiati corposi, offre un'altra fetta di quei divertenti temi carnali tanto cari al cantautore bolognese («Più di una motocicletta nuova... Io ti amo»). Il kitsch è talvolta in agguato, ma davvero si intuisce che Mina con le canzoni di Mingardi si diverte un sacco; così come sguazza con un certo compiacimento negli effettacci dei testi firmati da Cristiano Malgioglio, sempre definitivi: «Carne viva» su una musica vagamente jazzata dice «Io sono carne viva/sono la tua vitamina/la tua penicillina...le mie gambe fra le tue gambe...la pressione che mi scende... sono la tua missione/la tua religione»; Mina ci ficca dentro un sacco di virtuosismi. Più decisamente latina e jazzy è invece «Questa vita loca», dove si coglie l'istinto dell'interprete a drammatizzare le parole con notevoli acrobazie vocali: «Questo sentimento/Sento che è eterno/Questa litania che mi porta via». I due brani segnano il ritorno di Malgioglio nell'universo minesco dopo 24 anni: nel 1885, aveva firmato in italiano «Mi mandi rose».

In quanto alla celebre vocalità, perde qui talvolta le caratteristiche cristalline alle quali ci aveva abituati negli ultimi tempi, per insistere invece su un lato più passionale e istintivo: nella drammatica «Ma tu mi ami ancora?» di Mingardi si colgono strappi quasi alla Nannini; molto «free» nell'espressività è pure il singolo finora passato sotto silenzio, «Il frutto che vuoi», del nipote Axel Pani: sembrerebbe davvero un episodio di nepotismo, ma Axel poi si riscatta in «Con o senza te», classicissimo sussurrato brano per chitarre, firmato pure Gysi e Cerri. Ciò che alla fine appare chiaro, è che Mina ha messo insieme «Facile» mescolando mondi e atmosfere in completa autonomia e libertà, com'è nel suo stile. Sarà poi curioso, vedere quali delle dodici resteranno nella memoria collettiva.