MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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A caccia degli altri - di Mina - La Stampa - 18.10.2009

Mi sembra di rivivere il periodo dei sassi dai cavalcavia. La ritualità dei gesti criminali contro gli omosessuali è moltiplicata dalle fonti di informazione che, con l’intento di darne contezza a noi, pubblico astante e muto di fronte a ogni schifezza, esasperano l’effetto imitativo. E allora, se tre o quattro ceffi di periferia non sanno vincere la noia di una serata come tante, si dicono: «Che si fa stasera? Usciamo a menare qualche frocio? Lo fanno tutti, ultimamente». Non abbiamo più neanche la forza di reagire. Solo un senso di commozione per le vittime di questi gesti assurdi.

E poi la voce dello speaker di turno ci avvisa: «E ora le notizie sportive», quasi a voltar pagina, per costringerci a rassegnarci all’impotenza e a rifugiarci nell’indifferenza.

Ma questa non è violenza come tutte le altre, alla stregua di una microcriminalità di periferia. Qui si tratta di perfetti vigliacchi che prima di essere assicurati alla giustizia, che spero durissima, andrebbero presi a calci in culo o, almeno, a schiaffi. Suppongo che gli autori siano giovani annoiati che esibiscono tutto il vuoto di cui sono pieni attraverso gesti scellerati che ammazzano la dignità dell’uomo.

Azioni che confermano le drammatiche parole di Pasolini: «I figli che ci circondano, gli adolescenti sono quasi tutti dei mostri. Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, fastidiosamente infelice. Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Non c’è gruppo di ragazzi, incontrato per strada, che non potrebbe essere un gruppo di criminali. Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono contraffatti. Sono regrediti, sotto l’aspetto di una maggiore educazione scolastica, a una rozzezza primitiva. Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o sghignazzare».

Ci troviamo invischiati in una cultura senza più centro, che rifiuta non il diverso, ma l’altro, proprio perché altro. Il frocio perché «altro» dalla mia idea di sessualità, il vicino di casa perché «altro» rispetto alle mie abitudini, il ciclista perché occupa la «mia» strada, il signore davanti a me a uno sportello perché «altro» dalla mia urgenza.

I cattivi maestri, quelli che pontificano da decenni dai giornali e dalle televisioni, continuano a restare sui loro troni. La loro unica legge è quella di demonizzare l’altro da sé. E così la peste dilaga. E chi paga sono soprattutto i giovani. Che scontano le colpe dei falsi padri.