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Gracias a Mercedes Sosa, La Negra Guerra alla dittatura con la musica

Gracias a Mercedes Sosa, La Negra Guerra alla dittatura con la musica

Mercedes Sosa, 74 anni, carismatica voce dell'America Latina più profonda e passionale, simbolo con le sue canzoni della lotta alla dittatura dei generali e della difesa dei diritti delle popolazioni indie, è morta ieri nella capitale argentina, in ospedale dov'era ricoverata da qualche settimana per problemi ai reni e al cuore. Già nel pomeriggio, la camera ardente è stata aperta nella sede del Congreso Nacional: una scelta che rappresenta in modo eloquente il rispetto e l'affezione verso un' artista di grande temperamento, trasformatasi in eroina nazionale.

Il suo successo più grande fu «Gracias a La Vida», della cilena Violeta Parra. Con la sua voce da contralto, calda e ricca, la Sosa ha riempito cinque decadi di storia. Era assai rispettata dalla comunità internazionale della musica popolare, e nel tempo si è esibita con le star dei più vari generi, dal cantautore cubano Pablo Milanes a Sting fino a Joan Baez: quest'ultima raccontò di essere stata rapita dall'ascolto della sua voce, tanto da cadere letteralmente in ginocchio quando la incontrò per la prima volta.

Veniva chiamata «La Negra» in omaggio alle sue origini indie, e il suo aspetto contrastava con le qualità vocali: piccola e di grandi dimensioni, sempre avvolta in pepli e mantelli etnici, emanava un grande carisma, pur rimanendo una persona assai semplice. Diceva: «Gli artisti non sono leader politici, l'unico potere che hanno è quello di far accorrere la gente a teatro».

Si era affermata nel movimento della «Nueva Canciòn» emerso negli Anni Sessanta e proseguito nei '70, dove si mescolavano i ritmi tradizionali del folk con testi assai impegnati che parlavano di povertà e di riscatto. Era un movimento intriso anche di teoria marxista, si cantava la lotta contro le brutalità dei governi dittatoriali; ma con lei - che non scriveva canzoni ma le sapeva porgere come nessun'altra - tutto questo si trasformava per incanto in poesia. Ammaliava le folle quando, accompagnata solo da un tamburo andino, intonava: «Sono stata uccisa mille volta, sono scomparsa mille volte ma sono qui, sopravvissuta alla morte». Dal '76, sotto la dittatura, Mercedes fu duramente intimidita dalla Junta responsabile del tristo fenomeno dei desaparecidos: seppe trasformare i suoi concerti esauriti in strumenti di lotta contro gli abusi di potere, finché dopo mille minacce fu costretta ad abbandonare il paese nel '79 e lavorò per tre anni in Francia e Spagna.

Tornò alla caduta della dittatura, per ritrovarsi oggetto di culto, con i concerti e i dischi che andavano a ruba. Era intanto diventata leggenda in tutto l'Occidente, e viaggiava senza sosta, chiamata dovunque. «Le sue canzoni non avevano bisogno di traduzione, era la sua anima a spiegarsi», scrisse l'Esquire. Qualche giorno fa, avendo saputo delle sue condizioni gravi, Laura Pausini le ha reso omaggio durante un concerto a Buenos Ayres.

Marinella Venegoni
www.lastampa.it

Joan Baez y Mercedes Sosa - Gracias a la vida

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