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Il 29 settembre? Un monumento

Il 29 settembre? Un monumento
Note di pietra: Modena intitola una piazza alla mitica canzone dell'Equipe 84
FRANCO GIUBILEI
MODENA
Seduto in quel caffè, io non pensavo a te», attacca 29 settembre dell’Equipe 84. Quel caffè di Modena dove si incontravano Maurizio Vandelli e i suoi amici è chiuso da un pezzo, si chiamava Bar Grande Italia e negli Anni Sessanta ci passava tutta la Modena beat, dall’Equipe ai Nomadi a Guccini, cioè la crème dei gruppi più in sintonia con la scena internazionale del periodo. Stranamente il cuore musicale del beat italiano si era messo a pulsare alla periferia dell’impero, nella «piccola città *******o posto» di Guccini che quasi all’improvviso aveva cominciato a sfornare una miriade di complessi, come si diceva allora. All’inizio, tutti tiravano a campare suonando il liscio nelle balere, poi alcuni presero il volo verso le classifiche, dove i Nomadi hanno continuato incredibilmente a resistere fino a oggi.

La capitale del beat italiano
Il 29 settembre, in coincidenza voluta col titolo della canzone-simbolo di quegli anni, Modena si ricorderà di loro con una serie di concerti, un incontro in piazza Grande con Caterina Caselli, Beppe Carletti e Mogol, e un concerto di Maurizio Vandelli, già cantante e bandiera dell’Equipe. E non finisce qui, perché la piazza dove si trovava il Grande Italia e dove oggi sorge una pellicceria, largo di Porta Bologna, sarà ribattezzata con la targa «piazzetta 29 settembre». Non è una variazione della toponomastica in senso stretto, ma l’affettuoso omaggio di una città generalmente fredda e poco incline ai sentimentalismi. L’idea è venuta al neoassessore alla Cultura, Roberto Alperoli, che già da sindaco di Castelnuovo, a pochi chilometri da qui, aveva dato libero sfogo alla sua passione per i Sixties dedicando un parco pubblico a John Lennon: «Vogliamo dare visibilità allo spazio fisico, la piazzetta, con cui viene identificato un periodo di straordinaria creatività e dove si è sviluppata la cultura musicale di quegli anni – spiega l’assessore -. Non si tratta solo di nostalgia, ma del recupero necessario di uno spirito non conformista e capace di valorizzare lo stupore e il sogno». Tanto trasporto – «Modena può considerarsi a pieno titolo la capitale del beat italiano» - si giustifica se si pensa che la città emiliana, quasi mezzo secolo fa, è stata veramente al centro del «movimento». Cominciò l’Equipe 84, nata nel 1962 dalla fusione di due complessini i cui nomi erano tutto un programma, «I giovani leoni» e «Paolo & i gatti», dove suonava la chitarra Francesco Guccini prima di partire militare. La formazione-tipo dell’Equipe, che prendeva il nome dall’assonanza con un noto amaro, dal gusto francesizzante e dal numero che sommava le età dei componenti, vedeva Maurizio Vandelli voce, Victor Sogliani al basso, Franco Ceccarelli alla chitarra e Alfio Cantarella alla batteria. L’assalto al successo si compie con una serie di 45 giri – cinque solo nel ‘65 -, fino all’inevitabile sbarco al Festival di Sanremo con Un giorno tu mi cercherai l’anno successivo e alla consacrazione di Io ho in mente te. Persino Lennon, in un’intervista resa durante il tour dei Beatles in Italia, li incorona come «la band più in linea con i tempi».

Quello spirito nomade
Intanto altri gruppi si fanno strada fra le nebbie della provincia emiliana: ci sono i Nomadi, che al pari dell’Equipe lavorano gomito a gomito con Guccini. Nascono come «I monelli» per iniziativa di Beppe Carletti, poi si trasformano in Nomadi dopo l’incontro con Augusto Daolio. Canzoni come Noi non ci saremo e Dio è morto, che sarà anche censurata dalla Rai, entrano nella storia del pop italiano. Nel ‘67 invece è l’Equipe 84 a mettere a segno 29 settembre, scritta da Mogol e Battisti. Fra meno di una settimana, proprio davanti a quel caffè, la canzone diventerà un monumento.