MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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LA MINA - 1975 - I

LA MINA

di Paolo Driussi

Eccomi qui, anche stamattina, e così sarà fino al giorno benedetto della pensione, dietro questo vetro pieno di ditate come quei parlatori carcerari che si vedono in certi gialli americani dell’anteguerra, a timbrare pratiche e a raccogliere prenotazioni di mini kit di Euro…Uffa! Questo "posto d’oro" è la mia maledizione e la mia droga, di cui, dopo ventidue anni, non posso più fare a meno, si sa, per vivere bisogna mangiare, e oltre a mangiare, pagare l’affitto, le bollette, le rate della Punto…E’ subito dopo la mia laurea in lingue che ho accantonato i miei sogni. Tutti quanti. Diventare docente universitaria, girare il mondo, Egitto, Grecia, California.…Invece ho partecipato al dannato concorso, l’ho pure vinto…Ed eccomi ancora qui, signore prego, la sua domanda di fido, l’OPV dell’Olivetti? Ci risentiamo a fine settimana…Eccomi qui a sentirli brontolare tutti quanti come se dipendesse da me se l’indice Nasdaq scende, se Wall Street perde l’1,10% e Milano il 5% per simpatia…Accidenti!

Pausa caffè. La macchinetta lo fa buono, non c’è che dire. Ne bevo troppi e divento nervosa, a casa e in ufficio. Vivo sola. Prenderei un cane, se avessi la possibilità di piazzarlo da qualche parte quando vado in ferie: purtroppo, mia madre è allergica al pelo degli animali e mio fratello fa il magistrato a Ragusa. Il marito? Occasioni ne ho avute, dicono tutte così quelle che, come me, a quarantacinque anni o giù di lì sono rimaste sole come gambi di sedano. I colleghi? Non tocchiamo questo tasto. Ci sono quelle sposate, come la Tonioli e la Fagiani, che non hanno altro argomento di conversazione che sia diverso dal moccio del pupo o da quanto è antipatico il professore di matematica del figlio liceale che, naturalmente, ce l’ha a morte col povero ragazzo (se ne stesse un po’ di più a casa a studiare, invece di rompere i timpani e qualcos’altro a tutto il quartiere andando avanti e indietro senza meta con quel dannato motorino, nemmeno fosse Valentino Rossi!) e non fa che angariarlo... Poverette, le compatisco almeno quanto loro compatiscono me, con quei figli mocciosi e somari e i mariti che si ritrovano, spaparanzati sul divano a godersi la partita di Coppa, con la pancia che deborda e la sigaretta a penzoloni in bocca. Quando, nelle giornate d’inverno, buie, fredde e piovose, la solitudine mi pesa particolarmente, allora penso alla Tonioli e alla Fagiani e mi dico da me "meglio sole che male accompagnate". Per consolarmi.

E le nubili? Oltre a me, allo sportello, c’è la Pellegrini. E’ arrivata da poco, ma non è di primissimo pelo, neanche lei, avrà un paio d’anni in meno di me anche se non lo ammetterebbe neppure se si ritrovasse con un mitra puntato alla schiena, perché ha una fifa boia d’invecchiare. Non molto alta ma vistosa, quinta abbondante di reggiseno, finta bionda con chioma cotonata e occhio languido finto azzurro (mi sono accorta da come sbatacchia continuamente le ciglia, finte è ovvio, che porta le lenti a contatto colorate), minigonne di pelle, finta neanche a dirlo, incollate al deretano, vero, quello, e pure bello grosso. Alla caccia all’uomo, lei non ha rinunciato. Appena arrivata qui, dopo il trasferimento da un altro ufficio, ha puntato il dottor Pasini dell’Ispettorato. Il quale è notoriamente gay. Cosa di cui la poveretta, essendo nuova, non poteva essere al corrente. Ha provveduto quella pettegola della Berti che col Pasini ci bazzica dall’alba dei secoli e di lui conosce vita, morte e miracoli a renderla edotta circa le preferenze sessuali dell’ agognato oggetto di desiderio…Poveretta, lei non demorde, vuole redimerlo a tutti i costi e non fa che sbattergli sotto gli occhi quelle tette esorbitanti a stento contenute dentro il golfino d’angora che lui nemmeno le vede.

Il Balzani, l’archivista in dieci anni non riesce ancora a dare del tu ai colleghi, se ne sta sempre rintanato nel suo archivio polveroso in compagnia di fascicoli e pratiche alla stregua di un topo assediato da un branco di gatti famelici dentro una forma di formaggio e non esce neanche per la pausa caffè. Che diavolo faccia per ammazzare il tempo quando rientra dal lavoro nessuno è mai riuscito neppure ad immaginarlo. Sappiamo che vive con la madre, di cui è l’unico virgulto. Punto e basta. Di altre donne, naturalmente, manco l’ombra dell’ombra, e ci credo: con il suo metro e sessantacinque scarso, le sue spalle sbilenche, i suoi quattro capelli color topo che gli lasciano mezzo nudo un piccolo cranio a uovo, la bocca spropositata che si apre su una chiostra di ponti mezzi sghimbesci ancorati mediante ganci metallici tutt’altro che nascosti ai pochi denti superstiti.

Re: LA MINA - 1975 - II

La Pellegrini mi ha prestato una musicassetta. "La Mina". Non so chi me la possa duplicare. Intanto me l'ascolto la sera, quando torno a casa. Prima di dormire. Il fatto è che io non dormo più. Da giorni, forse mesi. Meglio sarebbe settimane. Quando dormo faccio finta di dormire. E attivo rivoltanti scappatoie con la me più responsabile. Penso: anche se non dormi, stai buona qui, ché ti riposi.

E allora resto così, al buio. Mina canta "Uappa". Lezione di erotismo sussurrato e soave, ma allo stesso tempo malizioso e ironico. Vorrei farmi una cassettina non di "nobili" canzoni d'amore ma della loro equivalente versione in chiave automobilistica da "apparto" serale in chiave pomiciata. Non ci avete capito niente? Ok, le canzoni che mettereste in macchina di notte per far sciogliere il vostro uomo? Quello che io non ho! Si accettano suggerimenti. Nota bene: Non valgono le solite canzoni scontatissime tipo "Piccolo grande amore" o "Ti amo"

Persa sulla lama di un'idea. E penso a tutto e a niente.

I dubbi si intrecciano in versi e bussano soluzioni nuove che poi si sciolgono tra lenzuola e suoni blu. E c'è la cassetta di Mina che ora canta "Ti accetto come sei", ipnotica e calamita, a cullarmi i pensieri. Mi piace far brillare parole al buio, in camera mia, mentre tutti dormono. E' una specie di goloso segreto. E le ore passano. gocciolano via i minuti. e penso a tutte le persone che amo. A tutti i cuori che devono continuare a (s)correre bene perché il mio non si fermi del tutto. E spio tra i loro sogni e custodisco il mondo per loro. Faccio in modo che la notte vada come deve andare, che niente vada perso. Penso: non dovete avere paura la notte, ché ci sono io qua. e poi il sonno arriva, a gocce. Ed io, sete sempre sete, succhio le gocce così tanto che finisco per svegliarmi. Oppure no. Oppure faccio finta di dormire, ma intanto penso. Una me con tinua, ba starda, a mischiarmi fatti e ricordi. Sogni e bisogni e perché.

La primavera che ha svegliato finalmente il Balzani dal torpore del letargo è, naturalmente, la Pellegrini con i suoi capelli finto platino, gli occhioni finto ingenuo e finto blu, i maglioncini strizzati sulle tette e via discorrendo. Durante la pausa caffè, o quando si va al bar pizzeria per buttare giù in tutta fretta un tramezzino all’ora di pranzo, l’infelice non le scolla gli occhiali di dosso. Lei, sopporta, finché non troverà un altro sistema per far ingelosire il Pasini che, non fosse così brutto, sicuramente le preferirebbe il Balzani se non altro perché è un maschio.

A forza di dai e dai, finalmente la Pellegrini è riuscita nel tentativo di far ingelosire qualcuno. Non certo il Pasini, visto che di lei non gliene può importare di meno, bensì il Balzani che, poveretto, sta dilapidando i suoi risparmi in rose, cioccolatini e cd di musica soft che lei, cafona, accetta senza rimorsi e, naturalmente, senza concedergli neppure un barlume di speranza, anzi, nemmeno un sorriso e un grazie. Secondo alcune voci, il povero infelice, che incede con l’eleganza di una gallina zoppa, si sarebbe perfino iscritto alla scuola di ballo latino americano che frequenta la Pellegrini…Povero mondo.


Io e le mie pessime idee faremo molta strada assieme oggi. Pensavo questo, saranno state le otto e cinque, in una Milano che si è svegliata umida di lacrime che venivano giù dal cielo. Nel mio letto sentivo il mondo umido che minaccioso mi suggeriva, anzi, m'imponeva di prendere l'auto ed affrontare una stressante via crucis per raggiungere il mio posto di lavoro. Ho musica buona con me.

L’intervento del sax di Giorgio Bajocco in "Quasi come musica" è fascinoso e ammaliante . La canzone è lieve e sussurrata,l’atmosfera è rapita, la voce è languida. Certa musica è come cipria. Ti si posa addosso in maniera lieve. Mina si abbandona sensualmente come non mai in questa canzone.

Eccomi qua, con i miei giornali, la mia borsa nera, le mie carte, le mie moltissime carte, anche quelle inutili che dovrei buttare. Pesa un casino. Non ho un ombrello, la pioggia acida mi arriccia i capelli che diventano una matassa inestricabile. Solo grattacapi e un traffico pazzesco in questa puttanissima Milano. Però, Milano, io ti amo lo stesso, faremo pace intorno alle 20. Guarda, guarda come sfrecciano!

"Stasera cercherò di raccontarmi un po', non so perché, non so per chi.


C'è stata l’ennesima perdita d’acqua nel cesso dell’archivio.

Il Balzani, secondo il solito, se ne sta rinchiuso nel suo archivio a rimuginare e la Pellegrini continua a sbattere le ciglia e le tette sotto gli occhi del dottor Pasini. La Fagiani e la Tonioli discettano, tanto per cambiare, di moccio e professori antipatici: un giorno come un altro. Finché il fusto non sbuca senza preavviso dal fondo del corridoio; nessuno l’aveva notato entrare, e altrettanti si preoccupano della strana circostanza, anche perché il sifone nel gabinetto dell’archivio era guasto già da un bel pezzo e finalmente qualcuno s’è preoccupato di mandare a chiamare l’idraulico. L’appalto di tali riparazioni ce l’ha il Silvani, che spesso assume come garzoni degli extracomunitari. Rispetto agli italiani, dice, costano meno e lavorano di più. Il gran bel pezzo di ragazzo potrebbe essere l’albanese di cui si vocifera, l’ultimo della serie.

Sta di fatto che tutti alziamo e strabuzziamo gli occhi: la Pellegrini, la Berti, la Fagiani e Pasini. E anch’ io, naturalmente, con i miei occhialetti tondi, io che godo di più ad addentare una fetta di pane casereccio spalmato con nutella che a scopare, io che da tutti i pochi fidanzati che ho avuto mi son sempre sentita dare della frigida e, per giunta, mi ritrovo in pre menopausa, quindi bella e che andata. Resto lì a guardarlo scomparire nell’archivio e penso: un uomo del genere dovrebbe essere a Hollywood, non qui a tentare di rimettere a posto la canna del cesso.. . E’ proprio vero che non c’è giustizia nella vita.

Mamma, quanto è bello. Per dirla in burocratese, sembra la fotocopia autenticata di Eric Bana. Sia lode a tutti i numi per il guasto del sifone. Un guasto più serio del previsto, dato che da ormai tre giorni il clone albanese di Eric Bana sta tentando, si suppone senza successo, di rimetterlo a posto. Come idraulico sarà anche un fallimento, ma è davvero una gioia per gli occhi, mi dico tra me e me vedendolo balenare con la sua testa bruna e la chiave inglese in mano attraverso le ante della porta. Unico appunto: veste tremendamente male. Anzi, oggi, in t shirt bianca e jeans è perfino passabile, sembra un ragazzo dei tanti, solo servito più generosamente da Madre Natura. Il mio pensiero corre subito ai sacchi della Caritas e al fatto che non ci sia davvero nessuna giustizia nella vita…Meglio che torni alle mie scartoffie e ai mugugni degli utenti e che continui a sfogare le mie libidini represse sul pane spalmato di nutella, accidenti a Eric Bana, agli scafisti e alla canna del cesso.

"Signora più che mai" è proprio bella. Mi sono portata il registratorino da casa e Mina mi canta dalla mia scrivania. Dalla mia scrivania da cui è sparita la pratica della successione di De Filippo Antonio e devo entrarci io nell’archivio. Io armeggio tra gli scaffali e intanto lo sento canticchiare, qualcosa di Robbie Williams, mi sembra, in un ottimo inglese e pure con una bella voce. Accidenti a lui, mi domando e dico, perché non ha fatto il cantante invece dell’idraulico? Come tale è proprio un fallimento, visto che sono ormai sei giorni che armeggia col sifone senza riuscire a combinare niente, penso prima di ritrovarmelo davanti, inquadrato dall’apertura della porta, con lo sfondo delle mattonelle bianche e del cesso scassato, la chiave inglese in mano, i lunghi riccioli appiccicati al collo dal sudore e un sorriso da sciogliere di botto tutti i ghiacciai delle Alpi. Lo guardo. Mi guarda. Ha le stesse sopracciglia folte e dritte, gli stessi occhi castani sornioni dell’originale. Lo guardo. Mi guarda. Ha gli occhi teneri e maliziosi, una bocca da baci incorniciata dai peli della barba. Vattene a lavorare, torna ad armeggiare col sifone del cesso, maledetto demonio, prima che io mi metta ad armeggiare con il tuo...Ah! Ho la gola secca e mille pensieri che mi turbinano nel cervello. Hai quarantacinque anni e sei sempre stata una ragazza giudiziosa, Anna. Quello ne avrà sì e no trenta…Stai diventando peggio della Pellegrini, non ti vergogni? E poi guardalo com’è vestito, con gli stracci della Caritas, chissà chi è, non conosci neanche le sue generalità, sicuramente è senza permesso di soggiorno, alla fine sarà pure sporco. Vai a casa, fatti una doccia poi guardati la videocassetta che hai noleggiato al Blockbuster sbocconcellando una bella fetta di pane casereccio spalmato di nutella, che è meglio.

Continua a contemplarmi adorante, neanche fossi la Ela Weber nuda sul calendario, invece di una quarantacinquenne occhialuta in pre menopausa e con qualche chilo di troppo imputabile al consumo massiccio di nutella spalmata sul pane. Lo guardo di rimando, accidenti è bellissimo. Socchiude gli occhi, che ciglia lunghe che ha. Si passa piano la punta della lingua rosea sul labbro superiore, e sento che il cervello mi va in tilt con tutto il resto. Ragiona, Anna, finché sei ancora in tempo…A casa ti aspettano un bel film, la tua nutella e, dopo, otto ore filate di sonno…Purtroppo il film che ho noleggiato è "L’albero degli zoccoli", la nutella l’avrei spalmata su qualcosa di molto diverso dal pane e soffro pure d’insonnia, con tutti i caffè che tracanno e le sigarette che fumo.

E immagino un concerto che non è stato scritto,immagino un deserto, immagino una luce che poi lentamente diventa niente.

"No, non qui. Andiamo a casa mia"

Parla poco, ma il suo italiano è ottimo. E beve parecchio, s’è tracannato mezza bottiglia di whisky finita a casa mia chissà come. Pensare che ero convinta che gli albanesi, da buoni musulmani, non bevessero di quella roba là. Mi tocca scoparmelo alticcio, penso, anzi sbronzo da non stare in piedi, ma sembra reggere bene l’alcol. Si spoglia, e intanto non smette di fissarmi con i suoi occhi di fuoco. Via la t shirt. Resto senza fiato: braccia poderose, spalle da armadio, la schiena un groviglio di muscoli e il petto…Il più fantastico cuscino su cui una donna possa desiderare di poggiare la testa. E’ chiaro di carnagione, non troppo villoso. Nel mio cervello turbinano i pensieri, le emozioni e le sensazioni più incredibili. Lo abbraccio, gli mordicchio il labbro inferiore, lo bacio, comincio io, lui risponde, sembriamo due pazzi invasati. La bottiglia che tiene in mano finisce in mille pezzi sul pavimento, non capisco più niente, gli succhio il lobo dell’orecchio, quella gola fantastica che si ritrova, impazzisco solo a vederlo deglutire, lo mordo, lo lecco, vorrei strappargli di dosso i calzoni della Caritas, ma mi limito, per ovvie ragioni a calargli la cerniera e ad aiutarlo a toglierli…Lui non è da meno, mi spoglia, mi accarezza, mi bacia, con un trasporto e una passione sempre crescenti, sembra che stia davvero con la Ela Weber del calendario invece che con una quarantacinquenne frustrata da un lavoro ignobile, che ha la cellulite sul sedere, si tinge i capelli perché ne ha un mucchio bianchi e ha fissato l’appuntamento con l’oculista per farsi gli occhiali da presbite.

Facciamo tanto di quel casino da rischiare di veder crollare i muri.

Ha talento da grande lui nel fare l'amore, sa pigliare il mio cuore e poi e poi e poi e poi ... Ha il volto sconvolto,io gli dico ti amo, ricomincia da capo
è violento il respiro...

Sdraiata sul letto, mi fumo la mia sigaretta e lo guardo, gli occhi socchiusi ombreggiati dalle lunghe ciglia e solo un lembo di lenzuolo a coprirgli ciò che è indecente mostrare in giro ma che gli ho visto in tutti i suoi dettagli e onorato come meritava. Pensare che non so neppure come si chiama.

"Tutte le volte che vuoi, caro…"

"E’ la prima e l’ultima" mi risponde lui. Ha una bellissima voce cupa e profonda e parla l’italiano molto bene. Ci rimango male, mi ha visto le rughe e la cellulite, penso, mi ha visto le tette che non possono certo competere con quelle della Pellegrini e non vuole più saperne di me…

"Non prendertela", mi sussurra all’orecchio e ne approf itta per mordermi il lobo. Piano, prima, poi abbastanza forte da farmi quasi male. Sto per impazzire.

"Ti scade il permesso di soggiorno?"

Gli trapelano, tra i peli della barba, le fossette sul mento e sulle guance. Non mi prendessero per pazza, potrei vantarmi d’essermi scopata Eric Bana, ma è solo un ragazzotto albanese senza permesso di soggiorno, e non so neppure come si chiama. In ogni caso, sia resa sempre lode allo scafista che l’ha portato qui in Italia.

Schiaccio la cicca della sigaretta nel posacenere, mi chino su di lui e gli bacio il petto, proprio in mezzo allo sterno. Ha una pelle morbida e calda.

"La favola è quasi finita" mi sussurra triste con il suo vocione grave. "A mezzanotte di domani scade il permesso di soggiorno…"

Dentro di me comincio a urlare no. Ma non devo avere rimpianti. Sono intelligente, chiudere e andare senza dire niente, come un uomo.

Il cesso in fondo all’archivio è sempre guasto, anzi, forse è più guasto di prima, ma il Balzani non si lamenta. Lui è uno che soffre in silenzio tra le scartoffie, senza lamentarsi mai. La Tonioli e la Fagiani appena possono discettano sugli ultimi sviluppi del moccio del figlio piccolo e del traballante curriculum scolastico di quello liceale. La Pellegrini si è messa in ferie, contrariamente al suo solito (le prende sempre d’estate, per mostrarsi all’universo mondo in topless sulla spiaggia di Riccione), in attesa che venga accettata la domanda di trasferimento appena presentata. Motivi familiari. Io, che conosco la verità, trattengo a stento uno sghignazzo. "Poscia più che il dolor, poté il digiuno". La Pellegrini ha abboccato all’amo del Balzani e se l’è portato nella sua mansardina…Cenetta a lume di candela, a base di champagne e pietanzine afrodisiache, luci soffuse, musichetta sdolcinata. Immagino come dev’essersi sentita quando incollata come una ventosa sulla tetta sinistra c’era la ben nota boccaccia con i suoi ponti di resina e acciaio e la lingua patinosa. Non occorre molta immaginazione per intuire lo stato d’animo della poveretta in quel momento: lo stesso del tizio, al quale era stato servito serpente in umido gabellandolo per capitone.

Le ho restituito la cassetta. L'ho tolta dal mio registratorino mentre Mina cantava "Tu no". Non ho trovato nessuno che me la duplicasse. Ma forse adesso dovrebbero uscire i CD rimasterizzati.

"Signore prego, la sua domanda di fido? Sono in attesa della delibera. Vuole che le illustri l’OPA della BNL? Ripassa Lei? Tenga, il mio biglietto da visita. Il numero telefonico è cambiato.…Non si preoccupi per l’Euro. Ci sarà la doppia circolazione fino a febbraio. Microinflazione? Beh, non lo escluderei…Eccomi qui a sentirli brontolare tutti quanti come se dipendesse da me se l’indice Nasdaq scende, se Wall Street perde l’1,10% e Milano il 5% per simpatia…Accidenti! Oh! Auguri anche a Lei. Buon Natale. Sì, i calendari ci sono. Ne prenda pure uno. Sono sul bancone. Di agende mi sono rimaste solo le piccole...Ma se ripassa la settimana prossima Le metto via una di quelle grandi. Buon Natale!"


Sigh, la vita la si vive lo stesso.

Re: I TESTI - I

I TESTI

Uappa

(E. Riccardi - L. Albertelli)

Su non parliamo più
se mi tocchi così
ci vuol poco a confondermi.
Tienimi
se ti scappo prendimi
e non smettere.
Sono pronta ad arrendermi.
Uappa uappa
non posso fare a meno di te.
Uappa uappa
non devo eppure ho voglia di te.
Sai che io non sono abituata a bere
basta mezzo bicchiere hmh hmh hmh hmh ...
è bellissimo
un discorso più intimo.
Uappa uappa
non posso fare a meno di te.
Uappa uappa
non devo eppure ho voglia di te.
Poi tra i miei capelli affonda le tue dita
io mi sento sfinita. hmh hmh hmh hmh ...
E non ridere
se io grido non ridere.
Uappa uappa ...
Uappa uappa ...

Ti accetto come sei

(Brenna - G. Paoli - Raggi)

Un velo di tristezza dentro me,
nascosta nell'orgoglio,
cullata come un bimbo già assonnato,
quell'uomo che non sei,
non m'interessa più
e la realtà che tu mi dai non è granché.
Tu non rispetti più i sogni che vorrei,
amore grande dentro te,
amore grande e non mediocrità,
a non servire a niente basto io.

Tu non rispetti più ma in fondo cosa vuoi
quel po' d'amore che mi dai
almeno quello non muore con l'età
e chiedere di più come si fa.

Un velo di tristezza dentro me,
un calcio alle illusioni
e scendo sulla terra insieme a te,
ti accetto come sei,
tiriamo avanti, vuoi?
La storia di noi due in fondo è tutta qui.

E non m'importa più
dei sogni che vorrei trovare dentro agli occhi tuoi,
amore grande e non mediocrità,
e chiedere di più come si fa.

Quasi come musica
(A song for you)
(L. Russel - versione italiana di G. Paoli - Daiano)

Se fossi solamente un'abitudine,
il caldo che ti resta dopo che il sole va,
e nuvole che il vento unisce,
la sbronza che non può passare,
potrei davvero io non amarti più.

Se fossi come un sogno che non ricordi più,
fiore dentro il libro di matematica,
la quiete dopo la tempesta,
stanca fine di una festa,
potrei davvero io non amarti più.

Ma tu non sei mai niente,
non somigli proprio a niente,
sei fatto per me, ma non so come.

Sei sempre molto meglio
di quel che mi viene in mente,
quasi come musica (quasi come musica).

La tua vita (quasi come musica) insieme a me.

Ma non so come dire quello che c'è tra noi,
cercando posso dire le frasi che tu vuoi
ma non sarà abbastanza,
io non so proprio vivere senza,
quasi una musica la vita insieme a te.
Quasi una musica la vita insieme a te.

Re: I TESTI - II

Racconto

(C'est comme l'arc en ciel)
(H. Giraud - P. Delanoé - versione italiana di B. Lauzi)

Stasera cercherò di raccontarmi un po',
non so perché, non so per chi.
Prendi deciso un grigio paese,
la piazza con il bar,
il municipio accanto alla chiesa,
le scuole comunali,
una scolara assai disattenta,
che non arriva al sei,
il primo amore che l'incanta,
c'è già la donna in lei.
Prendi alla sera nella balera il solito via vai
lei che non sa che anche sua madre è lì,
ha cominciato i guai
c'è chi ti abbraccia
e t'insegna un passo che non hai fatto mai,
non te ne accorgi passo passo,
ingenua tu ci stai.
L'arcobaleno è là,
in fondo agli occhi tuoi
e sì, chi sta meglio di così.
L'arcobaleno è là,
hai tutto quel che vuoi
però quanto freddo senti già.
Prendi deciso un giorno d'autunno,
la sua banalità,
una partenza senza ritorno,
la tua inutilità,
e prendi tutti i mesi degli anni
che non riprendi più
e nel tuo specchio solo i cenni
di com'eri bella tu.
L'arcobaleno è la
in fondo agli occhi tuoi,
e sì chi sta meglio di così.
L'arcobaleno è là,
hai tutto quel che vuoi
però quanto freddo senti già ...

Signora più che mai
(M. Cantini - F. Evangelisti)

Gente di strada, che viene e va,
muovendo fili che lei non sa,
tira la sorte su un altro giorno che se ne va.
Tra le comparse mi muovo anch'io,
e camminando, nel tuo pensiero, cado sul fondo,
e si rinnova la pena mia,
un sacco vuoto da buttare via,
e questa donna forte, senza di te.

Signora più che mai,
del tempo che avaro spendi e non mi dai,
mi porti su, spiragli di luce blu,
e gli inverni che eterni
e poi mi lasci ancora tu.

Signora più che mai,
del mio sentimento vivo
e non rinnego gli occhi tuoi,
graffiando la mia speranza,
aspettando un domani che ragione mi darà,
se poi verrà.

Pioggia sottile, non bagna ma,
tamburellando sui vetri sta,
voce sommessa come preghiera che al cielo va.

Un'altra sera da sola io,
stesso discorso,
un soliloquio, senza rimorso.
E ripercorro la stessa via,
la tentazione di gridare al vento,
che ora il fuoco è spento,
senza di te.

Signora più che mai,
invento ragioni inutili perché,tu non ci sei, pretesti che tu non sai,
per un attimo solo non esistere vorrei.

Signora più che mai,
le antiche battaglie vinco
e non mi stanco d'esser tua,
rubando stagioni al tempo,
carezzando un domani che ragione mi darà,
se poi verrà.

Immagina un concerto
(Shel Shapiro - Andrea Lo Vecchio)

Immagina un concerto
che non è stato scritto,
immagina un deserto,
immagina una luce
che poi lentamente diventa niente.

Sono io senza te
un fuoco senza legna
neve che si bagna
non trovo più parole
ma sai mi manchi (ohhh)
quanto mi manchi.

Se ...
ma lasciamo stare i se
io ti voglio qui con me
te lo dico perché
perché mi manchi
credi
chiudo gli occhi e ti sento qui
la voce che mi chiama
il corpo che mi ama
davvero dico davvero.

Io senza te son niente (uh)
raggio all'orizzonte
teatro senza gente
e quando parlo
parlo di te
che mi manchi
quanto mi manchi.
Se ...
quanti dubbi quanti se (magari)
e quella sera se ...
ma lasciamo stare i se
io ti voglio qui con me
te lo dico perché
perché mi manchi
credi
chiudo gli occhi e ti sento qui
la voce che mi chiama
il corpo che mi ama
la voce che mi chiama
il corpo che mi ama.

Re: I TESTI - III

L'importante è finire
Cristiano Malgioglio / Alberto Anelli)

Adesso arriva lui,
apre piano la porta,
poi si butta sul letto
e poi e poi ...
Ad un tratto io sento,
afferrarmi le mani
le mie gambe tremare
e poi e poi e poi e poi ...

Spegne adagio la luce,
la sua bocca sul collo,
ha il respiro un po' caldo,
ho deciso, lo mollo.
Ma non so se poi farlo
o lasciarlo soffrire
l'importante è è è è è ...
è finire.

Adesso volta la faccia,
questa è l'ultima volta
che lo lascio morire
e poi e poi ...

Ha talento da grande
lui nel fare l'amore,
sa pigliare il mio cuore
e poi e poi e poi e poi ...

Ha il volto sconvolto
io gli dico ti amo,
ricomincia da capo
è violento il respiro,
io non so se restare
o rifarlo morire
l'importante è è è è è ...
è finire.

Come un uomo
(Comme un homme)+
(H. Giraud - P. Delanoé - versione italiana di B. Lauzi)

Nelle vie di Milano nelle sere d'inverno,
c'è tanto vento che non c'è nessuno intorno,
esser donna o ragazzo non t'aiuta perché,
hai sempre torto se non fai da te,
e la bontà non si sa più cos'è.

C'è chi mi ha corteggiato per passare una notte,
chi mi avrebbe adorato avessi detto sì,
nessuno ha mai guardato più in là del mio sorriso, per molti la beltà è un muto paradiso,
a chi importava se pensavo anch'io,
e se sudavo per il pane mio,
come un uomo.

No, davvero, non si può esser regine,
in un mondo pensato dai re,
esser belle, esser donne e bambine,
questo è quello che voglion da te.

Un uomo è appena entrato un figlio arriverà,
è tanto naturale che si ripeterà,
il bimbo viene grande e l'uomo se ne va,
banale sì ma è la mia verità,
allora prendi quel che il cielo dà,
e tiri avanti con la volontà,
come un uomo.

No, davvero non si può esser regine,
in un mondo pensato dai re,
esser belle, esser donne e bambine,
questo è quello che voglion da te.

No io non piango più, non mi lamento mai,
e accolgo tra le braccia chi me lo chiederà,
però quando mi accorgo che mi annoio un po',
dentro di me comincio a urlare no,
non ho rimpianti sono intelligente,
e me ne vado senza dire niente,
come un uomo.

Tu no
(M. Cantini - A. Coggio - F. Evangelisti)

Con abili mani tu sfiori il mio corpo
ed io non penso più, e piano rispondo a te,
son troppo donna io vicino a te.
Una vita da vivere noi due insieme,
sarebbe bello sai,
che cosa non darei,
ma se fosse un sol giorno per poi morire,
io ti maledirei
io non perdonerei.
E tremo pensando a domani,
son poche le forze che ho,
rispondo alle dolci carezze,
le tenerezze i mali dentro me stessa,
l'amore no.
La tua pena più non sarò,
tu no, tu no, tu no,
più in alto volerò.
Tu che con l'arte e la fantasia
hai questa vita mia,
tu no, tu no, tu no, no tu no,
per averti ho mosso cielo e terra
e lo so io che adesso tu sei tutto quel che ho io, il mondo mio, il mondo mio ...
Occhi disincantati ti sto guardando
e vedo l'uomo in te diverso da com'è
e se un'altra in quel letto fosse al posto mio,
io ti maledirei,
io non perdonerei.
E tremo pensando a domani,
son poche le forze che ho,
rispondo alle dolci carezze,
le tenerezze i mali dentro me stessa,
l'amore no.

La tua pena più non sarò,
tu no, tu no, tu no,
più in alto volerò.
Tu che con l'arte e la fantasia,
hai questa vita mia,
tu no, tu no, tu no, no tu no,
come niente lo sguardo verso il sole fisserai
e a passi lenti
piano te ne andrai dai giorni miei,
dai giorni miei ...

Di già
(Shel Shapiro - Andrea Lo Vecchio)

Io lo sto guardando da un po'
ora son sicura che sa
però fa finta di niente
parla, scherza, ride,
ma poi chissà che cosa avrà in mente.
Ha vinto di già.
Ora sta parlando con te
e mi guarda fisso,
lui sa che io arrossisco per niente,
dice la mia donna,
ma no che non avrà mai un amante.
Ha vinto di già.

No, la vita la si vive lo stesso
per questo io lasciarlo non posso
mi accorgo che lo amo da adesso.
Ha vinto di già.

Si volta e viene verso di me sorride,
poi mi asciuga una guancia baciandomi in fronte,
che ha sofferto questo lo so
e da quel bacio si sente.
Ha vinto di già.

No, la vita la si vive lo stesso
per questo io lasciarlo non posso
mi accorgo che lo amo da adesso.
Ha vinto di già.

Ecco che mi accorgo di te
e all'improvviso vedo che tu per me
non conti più niente
anzi sento quasi di odiarti
per quell'aria innocente, hmh.
Ha vinto di già.

No, la vita la si vive lo stesso
per questo io lasciarlo non posso
mi accorgo che lo amo da adesso.
Ha vinto di già.

Re: Mina - Uappa

Re: ma è stupenda Paolo!

quante cose mi sono perso negli anni addieto, dov'ero? cosa facevo? boh... cmq complimenti! ma le hai mandate a Mina? magari le farebbe piacere visto che scrive anche lei...

Sono cose vecchie, Gianni

In gran parte tutte cose scritte nel periodo 2004/2005. Il racconto ispirato a "La Mina" del 1975 era stato scritto nel 2001 per la rubrica "ClassificamMINAndo" curata da Luigi Nava sulla bacheca del sito ufficiale.