MUSICA




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Il mondo di Mina in ventisei album - di Mario Luzzatto Fegiz

«Una perfezionista, per un direttore starle a fianco è il massimo»


Per la prima volta viene pubblicato a prez­zi popolari qualcosa che asso­miglia molto all’opera omnia di Mina. In ventisei album — che il Corriere della Sera offre ai propri lettori nell’arco di 18 uscite a partire da oggi — è racchiusa una carriera incredi­bile, cominciata alla fine de­gli anni ’50. La prima uscita è con il cd singolo «Del mio me­glio 1» al prezzo speciale di 4,90 euro (oltre al costo del quotidiano); la seconda, da ve­nerdì 5, sarà con «Del mio me­glio 2» più l’album «Mina can­ta i Beatles» (a 12,90 euro) e così via, fino al 25 settembre. Mina non è solo voce fra le più apprezzate nel panorama pop mondiale, ma rappresen­ta un punto di riferimento per tutte le interpreti femmi­nili. La sua lunga e fortunata storia artistica è legata alla sua voce, dall'inconfondibile timbro, unica per potenza ed estensione, al suo virtuosi­smo, ma anche al suo caratte­re particolare, che ha sempre odiato rituali e mondanità, compromessi e ipocrisie, pa­gando in prima persona il prezzo delle sue scelte. Da sempre Mina ama so­prattutto cantare in studio. E’ li che si manifesta la vera Mi­na, veloce, cortese, simpatica e professionale. Con alcune strane abitudini. Va malvolen­tieri a cantare, dietro il vetro, nell’auditorio insonorizzato. Preferisce stare seduta accan­to al banco di regia, fianco a fianco al tecnico. Tutti in cuf­fia per evitare inneschi. Alto­parlanti spenti. Poi in genere non fa più di un tentativo. Uno di quelli che l’hanno osservata a distanza ravvicina­ta è Gianni Ferrio, direttore d'orchestra dai capelli bian­chi, piglio sicuro, immancabi­le sigaretta accesa fra le lab­bra. Si tratta di una figura sto­rica della musica leggera ita­liana, nato a Vicenza nel 1924. E il suo giudizio sulla cantan­te è preciso: «Mina appartie­ne insieme a Dorelli e a Cateri­na Valente a quella fortunata categoria di artisti che con qualche piccola licenza, rie­scono a migliorare in qualche modo qualsiasi esecuzione». Sul piano tecnico Mina, se­condo Ferrio ha questa strate­gia: «Quando ci sono di mez­zo gli archi si appoggia sull'or­chestra. Insomma intuisce e rispetta. Per un direttore è il massimo: fa quello che tu vor­resti senza che tu gliel'abbia nemmeno dovuto chiedere. E riesce a sfruttare al meglio an­che eventuali ritardi dell'or­chestra ». «Conobbi Mina nel 1959— ricorda — ai tempi del 'Musi­chiere', il popolare program­ma condotto da Mario Riva. Nacque una simpatia imme­diata. Diressi Mina in molte canzoni (l'altro suo direttore preferito era Bruno Canfora, ndr). Fui al fianco di Mina in situazioni televisive di grande successo, basti pensare al bra­no 'Parole parole' che fu sigla di 'Teatro 10'». Mina poi, secondo Ferrio, canta per sé: «Quando prova­vamo i pezzi per i concerti al­la Bussola lei tirava in lungo quella fase più che poteva. Pretendeva almeno 15 giorni di prove, anche se in realtà ne sarebbero bastati meno. 'Dai — diceva — proviamo, pro­viamo, ci divertiamo e poi tro­viamo una scusa e non faccia­mo nemmeno lo spettacolo. Le piaceva sperimentare, gio­care. Ma avrebbe volentieri saltato l’esibizione vera e pro­pria davanti alla gente». Ma quanto c’è di vero nella leggenda del «buona la pri­ma », cioè che la prima esecu­zione in studio è quella defini­tiva? «Non è una leggenda — spiega —. Deriva dalla tecni­ca di lavoro che addotta: nel nostro caso dove c’è un affia­tamento totale. Poi sta molto attenta all’arrangiamento del­l’orchestra e alle mie spiega­zioni, agli arricchimenti armo­nici, ai contrappunti. Senza contare il lungo tempo tra­scorso a scegliere le canzoni studiando con me al pianofor­te, approcci e tonalità. Insom­ma una combinazione di dili­genza e bravura». «Un’altra caratteristica di Mina — rivela Ferrio — è quella di voler essere uno stru­mento dell’orchestra. Spesso nei missaggi voleva che la sua voce fosse coperta per lasciar più forza agli strumenti. In­somma ama essere avvolta dall’orchestra. Diceva: 'Anche se non capiscono qualche pa­rola poco male'». Le sue spe­cialità? Per Ferrio sono i lenti e i bolero, con particolare bra­vura nei ritmi sudamericani. Ecco dunque Mina, che il suo amico Sergio Bernardini titolare della Bussola definiva «una splendida sentimenta­le- anarchica che se ne frega delle apparenze, delle conven­zioni e che pur di tirare dritta per la strada prefissata non tiene conto di quello che può provocare». Mario Luzzatto Fegiz


03 giugno 2009



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