MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Bollori di maggio - di Mina - La Stampa 24.05.2009

Bollori di maggio - di Mina - La Stampa 24.05.2009

Grazie, grazie di avercelo detto a tutte le ore, in tutte le salse, su tutti i giornali e tutte le televisioni. «Emergenza caldo». Ce ne eravamo accorti. Ce ne faremo una ragione. «Fine settimana di fuoco. Temperature anche a 35 gradi». La giornata bollente pare che sia proprio oggi. Rigrazie tante. Ce ne rieravamo accorti da quel fine perlage antiestetico che trasforma fronti espressive in ruscelli di sconforto e non sa aspettare il tempo giusto dell’estate.

Il dispettoso maggio ci vuole indispettire proprio in questi momenti in cui scarseggiano sorgenti di frescura perché lo spazio è occupato dalle frescacce e dall’incandescenza di innumerevoli stupidità. Precoce e minaccioso, il caldo, quello vero, si abbatte con trasversale indifferenza su tutta l’Italia. L’elenco delle conseguenze è già previsto e scritto, con le sue immancabili emergenze di fuochi più o meno naturali, di squilibri idroelettrolitici di anziani spaesati, di tende ridotte a suffumigi non voluti, di energia consumata per l’aria finta. Speriamo almeno che gli affettuosi avvertimenti abbiano fatto in tempo a raggiungere tutti e che tutti si siano tolti il maglioncino. Sì, perché magari qualcuno, ignaro, poteva starsene tranquillo col suo Loden. Invece, vedi come ci vogliono bene?

Lo schermo televisivo scalda, il computer da riempire di parole scalda, il vociare scomposto di ideologi da strapazzo scalda, la rabbia per la vacuità scalda, persino le precauzioni suggerite scaldano. Basterà un gelatino? Basterà una bibita? Forse sì, ma soltanto facendone un uso improprio. Probabilmente, due coni alla nocciola infilati nelle orecchie, concederebbero un po’ di silenzio, il più rinfrescante dei rumori. Un bel chinotto frizzante e ghiacciato potrebbe essere versato nel tubo catodico, per scompaginare la fuoriuscita inarrestabile di esorcistico vomito verde a spruzzo. Altri rimedi non mi vengono in mente.

La «persistenza di un promontorio africano» è la causa di questa anomalia. Detto così, potrei pensare che è anche l’effetto. L’immagine associata è quella di improbabili dune desertiche che stendono propaggini tentacolari di sabbia bollente verso allibiti omini in giacca e cravatta, convinti dell’invalicabile protezione mediterranea. Invece no. Nessuna protezione.

Dalla terra e dal cielo africani, tutto può arrivare per mischiarsi in mezzo a noi. Non è giusto essere impreparati ad accogliere un’incertezza dell’atmosfera, un pianto implorante, un bastimento di speranze, due stracci di bisogno. Il livello giallo o arancione del nostro stupore è la misura della nostra ignoranza.



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