MUSICA




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Musica & Download - Nokia Comes With Music, novità per un pubblico "non pagante"

Finalmente Nokia Comes With Music arriva anche in Italia. Dal 27 Marzo, chi comprerà il cellulare "Nokia 5800 XpressMusic" avrà la possibilità di accedere gratuitamente al database di Nokia Music, che comprende oltre quattro milioni di titoli, tra cui i cataloghi delle quattro major.

Ovviamente il cellulare ha il suo prezzo, 469 euro, di cui una porzione finirà nelle tasche delle case discografiche (spiccioli che sicuramente divideranno con i propri artisti? ...ovviamente no!).
Il servizo è già stato lanciato da parecchi mesi in altre nazioni tra cui l’Inghilterra. Comes With Music è solo l’ultimo di una serie di servizi che forniscono musica gratuitamente, ma che a differenza di siti illegali, come la Pirate Bay, portata in tribunale dalla IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) e correntemente in attesa di giudizio, paga un compenso ai proprietari della musica e dei diritti d’autore.

Myspace o youtube, ad esempio, seppure originariamente illegali, pagano royalties alle etichette discografiche e ai proprietari dei diritti d’autore. Si tratta di frazioni di centesimo per play, ma se si considera che certi video sono visti milioni di volte, parliamo di entrate considerevoli.
Recentemente Terry McBride, fondatore di Nettwerk Music e manager di Avril Lavigne e Dido dichiarava che circa il 70% del fatturato della sua società deriva dal digitale, piuttosto che dalla vendita di prodotti fisici (come i dischi) e che le royalty retroattive pagate da youtube per Avril Lavigne raggiungevano i 2 milioni di dollari!

La conflittualità latente tra il nuovo modello di “musica gratis e senza etichette” e l’industria discografica tradizionale però rimane. Dagli artisti agli editori, dai direttori artistici ai manager, tutti faticano a capire che stanno competendo con il “gratis”, che il modello di “album” è sorpassato e che i veri detentori dei diritti musicali sono i fan. Eppure, invece di ascoltare il pubblico e dargli quello che vorrebbe, l’establishment musicale impiega risorse preziose per bloccare e limitare il fruire di musica.
Anche se costantemente vengono ideati nuovi modelli per permettere al pubblico di accedere a file musicali gratuitamente le case discografiche e gli editori sembrano subire questa rivoluzione musicale.

Ci si preoccupa di far chiudere Napster e portare in tribunale ragazzini e madri di famiglia che scaricano files su p2p sites e non si pensa di lanciare un sito simile a iTunes store evitando di pagare una commissione alla Apple. Stessa cosa dicasi per youtube o myspace. Il problema è pagare i detentori dei diritti. Le negoziazioni tra youtube e PRS For Music (la SIAE inglese, per intenderci) sulle royalty pagabili si stanno protraendo così a lungo, che Google (che qualche anno fa comprò youtube per $1,65 miliardi) ha deciso in settimana di bloccare la visione di video “premium” (ovvero i video promozionali caricati dalle etichette discografiche) agli inglesi, nel tentativo di forzare la mano alla PRS e sbloccare la situazione.

Intanto da un nuovo sito, spotify.com, è possibile scaricare un player che permette di ascoltare in streaming milioni di brani ad altissima qualità, in maniera completamente legale. Ogni venti minuti c’è un break pubblicitario che dura una manciata di secondi, per nulla intrusivo. Sta facendo scoppiare il finimondo tra i discografici, convinti che nessuno in futuro comprerà piùdischi. In realtà siti come www.spotify.com o www.muzu.tv (o i piu’ vecchi we7 e spiralfrog) presentano musica apparentemente gratuita al pubblico, che in realtà viene pagata dalla pubblicità presente sul sito o “embedded” nei vari brani disponibili.

Mercificazione dell’arte? Forse, ma qualcuno deve pagare, e se il pubblico non vuole farlo, mentre i marchi si associano volentieri a un artista, perchè no? Recentemente il gruppo inglese pop/dance Groove Armada ha lanciato una collaborazione speciale con Bacardi, che comprendeva sei mega concerti e la diffusione gratuita di singoli da scaricare da un sito apposito controllato da Bacardi. La cosa interessante è il metodo di distribuzione di questi quattro singoli. Per un periodo di 40 giorni, scaduto il 16 marzo, l’unico modo per accedere ai brani era di scaricare il primo dal sito, condividerlo con 20 persone tramite widget per facebook, myspace ecc., in modo da accedere al secondo mp3. Una volta che i primi due brani fossero stati condivisi 200 volte, si sarebbe sbloccato il terzo mp3 e dopo 2000 condivisioni combinate dei 3 brani anche il quarto e ultimo brano si sarebbe sbloccato.

A ogni modo, preso atto che sono sempre meno quelli disposti a pagare per consumare musica, è responsabilità dell’industria discografica individuare un modello che possa pagare artisti, musicisti, produttori e studi di registrazione. Se i professionisti non vengono pagati, sarà inevitabile un’abbassamento della qualità della musica che non giova a nessuno, neppure al pubblico (non) pagante.


(Peter DeBrando Chiesa)

www.ilsussidario.net