MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Tutti figli di Gaber e del teatro-canzone - di Andrea Spinelli (Il Mattino di Napoli)

Sull’orizzonte in crisi della musica italiana è nuovamente tempo di teatro-canzone. Davanti al crollo del mercato del disco, infatti, diverse voci mollano l’hit parade per rinchiudersi a teatro con spettacoli in bilico tra il concerto e il recital. È il caso di Ron, di Piero Pelù e della strana coppia formata da Luca Barbarossa e Neri Marcoré. Per l’autore di «Via Margutta» l’incontro con il comico di Porto Sant’Elpidio nasce dal comune «vizio del teatro». «A spingermi verso quest’avventura a due è stato il tour dell’album ”Via delle storie infinite”, in cui intervallavo canzoni e conversazioni con giornalisti, autori, showmen come appunto Marcoré» spiega Barbarossa. «Da quella esperienza abbiamo costruito un vero spettacolo. Io sono stato uno dei primi personaggi imitati da Neri: lui è affezionato al primo Luca, quello con la voce nasale e lo sguardo sgranato nel vuoto che canta ”Roma spogliata”. Con Niccolò Fabi abbiamo coniato una definizione in cui ci ritroviamo tutti e tre: gli inadeguati. Se Gaber diceva che la sua generazione ha perso, la nostra non è neppure scesa in campo», parola di bomber della Nazionale Cantanti, 164 reti all’attivo. «Il nostro è uno spettacolo per sopravvissuti», continua il cantautore, «che parla ad una generazione che è riuscita a superare Licio Gelli e Nikka Costa, gli anni di piombo e il tuca tuca». «Attenti a quei due», titolo rubato alle avventure televisive di Tony Curtis e Roger Moore, partirà il 19 da Orvieto, guardando alla lezione gaberiana già frequentata da Marcoré a teatro con «Un certo Signor G». In «L’altra parte di Ron» l’autore di «Vorrei incontrarti fra cent’anni», dialoga via video con con la madre e Lucio Dalla, oltre che col presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, Mario Melazzini, presente fisicamente in scena sulla sua carrozzina. «Per tante ragioni le canzoni oggi non sono più capaci di comunicare come facevano un tempo», spiega lui, «così provo a inventarmi nuove forme di confronto, ribadendo il diritto ad avere dalle istituzioni quanto necessario per vivere con dignità anche nella malattia: mezzi tecnici, economici, psicologici. Perché vi possa essere una pari opportunità di scelta, tra vita e morte». Il tentativo di mettersi in gioco oltre in versi delle canzoni che interpreta spinge sotto i riflettori del teatro pure Piero Pelù, «diablo» reinventato dal tocco surrealista e vagamente psichedelico di Sergio Bini, in arte Bustric. «I monologhi del mio nuovo spettacolo si snodano lungo l’itinerario seguito dalle 21 canzoni in repertorio come fossero il suo naturale completamento», spiega il rocker fiorentino, al debutto domani sera a Civitanova Marche tra brani suoi e dei Litfiba, successi e brani poco frequentati. Tra i colpi di teatro c’è una «Toro loco» durante la quale, spiega il rocker, «sparo scintille attraverso un tubo di metallo per ricordare tragedie come quella della Tyssen Krupp». E in quest’ottica va pure inquadrata la scelta di chiamare sul palco quasi ogni sera 5 lavoratori di aziende in crisi per testimoniare la propria condizione: «In un momento come questo sentire narrare dalla viva voce degli interessati delle storie su cui riflettere è un gesto di solidarietà quasi obbligato. Viviamo tempi difficili e temo che anche nel nostro paese l’ipotesi di una guerra fra poveri non sia poi così remota. La musica non può rivoluzionare il mondo, ma se riuscisse a cambiare almeno un persona ha già centrato il suo obiettivo».