MUSICA




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Dialetto, lingua dell'anima - di Mina - La Stampa 8.03.2009

Dialetto, lingua dell'anima - di Mina - La Stampa 8.03.2009

Eppure non sono tanto lontana. E poi ci vado ogni volta che posso. A Cremona. La mia città. Che mi insegue da quando me ne sono andata. La mia città che mi manca. La mia città alla quale mi sembra di appartenere sempre di più, ogni minuto che passa. E la nostra lingua? Ah, la nostra lingua che ho cercato di trattenere e che cerco di praticare più che posso. Il nostro indolente, liscio, sensuale, pigro dialetto. Con le sue soste prolungate, trascinate e riposanti sulle vocali dell’ultima sillaba. Mi ci avvoltolo dentro come in una enorme coperta calda. E quando mi sembra di non ricordare qualcosa: «Ciaaao, come si dice di uno che cammina come se fosse ubriaco, che non mi ricordo?». La risposta pronta e precisa mi rassicura. «Cat, se diis: iëën che va in dinduloon, belesa». Grazie, Giuseppe, anche per quel «belesa», un termine che si rivolge solo a persone alle quali si vuol bene.

Vuol dire bellezza, ovviamente, ma non soltanto in senso fisico. Si attribuisce a chi ti suscita un senso di godimento affettivo e intellettuale. Per me il dialetto è diventato la lingua dell’anima, l’idioma da usare soltanto con chi occupa un posto particolare nella mia vita. Ne sono quasi gelosa. «Volgar’ Eloquio», ideato da Massimo Zanello, assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, è un grande evento.

Un evento interamente dedicato alla cultura del dialetto, per celebrare l’identità, le radici, la tradizione attraverso la musica, il teatro e la poesia. Lodevolissima iniziativa per chi ama ed è curiosa di tutti i dialetti, fino alla «parlesia». La Parlesia è l’antica e criptica lingua adoperata dai musicisti napoletani per comunicare fra loro in tutta discrezione. È servita nel tempo per non farsi comprendere in un ambiente spesso ostile. Ricordo di averla sentita usare persino da Totò con un suo segretario, mentre provavamo al teatro delle Vittorie. «Principe, appunisco ‘a parlesia». Capisco la parlesia. Glielo dissi per non sembrare una che stesse spiando quello che lui, magari, non voleva far capire, anche se stava chiedendo soltanto qualcosa da mangiare, da «smurfì».

Troppe lingue si estinguono. E così il gardiol, il quetzaltepec, il mescalero-chiricahua, il töitschu assomigliano a stegosauri senza raggi di sole o acqua. La rianimazione intelligente di parlate speciali non è soltanto divertimento intellettuale, ma anche dovere «biologico». I dialetti, soprattutto quelli sonoramente più lontani dalle lingue ufficiali, possiedono il fascino della musica capace di travalicare il mondo dei significati per fare spazio a quello dell’emozione.

www.lastampa.it

Re: Io lo parlo

Figurarsi! In okaia si parla in siciliano. Uscendo sono costretto a parlare l'italiano per farmi comprendere. Ci mancherebbe altro. Ma se scendo giù nell'Isola, divento un attentato al perbenismo italiota al quale i parvenu si aggrappano per darsi una parvenza di nobiltà.
Io, invece, sfodero i termini ormai estinti o in disuso. Sono un fiume in piena con il mio oinguaggio colorito pienno di modi dire e proverbi in siciliano.
Da 26 sono qui a BS e da 26 anni il mio accento è rimasto intatto. Immacolato.
Ma.... su una cosa dissento: mentre i meridionali non parvenu fanno gli altri partecipi del loro dialetto, qui, almeno in Lombardia, viene utilizzato dai leghisti come arma contro i meridionali. Ecco allora che in 26 anni ho visto il dialetto lumbard come uno strumento contro di me. Non mi appassiona per nulla. Eppure mi sarebbe piaciuto impararlo visto che trattasi di un dialetto gallico. Non a caso molti suoi li attingo da lì per far comprendere meglio quelli francesi.
Ovviamente Mina fa un discorso diverso dai leghisti ed in quanto tale ha tutto il mio plauso.
Qualcuno si ricorderà che le ho fatto inviare un saluto in cremonese dal mitico Renzo Donzelli!

Franco