MUSICA




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MUSICA
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Sanremone mio - di Mina

Sanremone mio


di Mina

La Stampa 20/02/2009

"Bello, Sanremone mio! Turgido, diritto come un fuso, con la brillantina sui capelli ben pettinati, la giacchetta delle grandi occasioni, le scarpe tirate a lucido, impavidamente sbilanciato a voler piacere.
Sei tutti noi. E noi siamo pazzi di te.
Sei la puntuale cromatura gratuita del nostro paraurti, a metà inverno.
Sei la boccetta magica che contiene una speranza e la sua disillusione, un veleno e il suo antidoto, il gesso e il cancellino, la matita e la gomma.
Sei un rassicurante consolatore che ha saputo idealizzare le passioni fatte in casa in una Italia tenacemente provincialeggiante, che profuma di bucato, agnolotti, consecutiones avventurose e rigori parati.

Gentilissimo Sanremone mio, sei un miracolo sospirato per un anno, tu che dai voce a tutti, che permetti che ognuno si senta superesperto e si esprima, pontifichi nella materia di cui ti occupi. Musica e spettacolo. Sì, certo. Faccende da tempo libero, robetta... Materia apparentemente così accessibile e miserabile da autorizzare chiunque a strapazzarla a sangue. Meritevole Sanremone mio, che ti sei ciucciato, insieme con me un oceano di elegantissime parole sull’opportunità della mia presenza fisica lì, a casa tua.

Mi hai fatto capire che, d’ora in poi, converrà che si indica un referendum per sapere se posso o non posso andare a fare la pipì o, ancora meglio, se posso o non posso andarci quando mi scappa.

Ospitalissimo Sanremone mio, capace di dare asilo anche a chi, di routine, non sa dire nulla o non ha nulla da dire. Per fortuna, come spesso capita ai molto buoni, anche nella tua casa è capitato che irrompesse la magia. Ed ecco apparire il genio, l’intelletto, la grazia nella personcina divina di Roberto Benigni che ristabilisce pesi e misure, scale di valori e molto altro. E il baratro tra lui e il resto dà ancora più vertigini.

Tenerissimo Sanremone mio, non farci caso se in giro avverti una certa spocchia, un atteggiamento da puzza sotto il naso da parte di chi non ammette la tua importanza e non si vuole arrendere a considerarti la punta di diamante della nostra canzone.

Ineffabile Sanremone mio, ignora chi ti vuole ridurre al rango di intrattenimento solo per anziani o per italiani all’estero, che necessitano di facili emozioni italiote non più che folk.

Poverino, Sanremone mio, che vivi la disgrazia di essere troppo popolare perché ti si riconosca una reale autorevolezza.

Formidabile Sanremone mio, non temere. Noi, tuoi fedelissimi, rimarremo per sempre avvinti a te «come il noto rampicante». Come l’edera, appunto".

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