MUSICA




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«Maestro Ferrio, ci riprovate»? - di Alfredo Gasponi

E' il caso di dire, scherzando: «Maestro Ferrio, ci riprovate»? Una quarantina di anni fa, Gianni Ferrio - artista legato alle storiche trasmissioni televisive del sabato sera ("Teatro dieci", "Milleluci"...) di cui ha composto e diretto le musiche, nonché autore di canzoni di successo internazionale come "Parole, parole, parole", "Piccolissima serenata" e "Non gioco più" e colonne sonore per Luigi Zampa, Miklos Jancsò, Marco Ferreri - scrisse per Mina una versione da commedia musicale all'americana di "Mi chiamano Mimì" da La bohème di Puccini. Gran parte del pubblico gradì ma in alcuni settori del mondo accademico la cosa fece scandalo: affidare Puccini a una voce non lirica fu considerato inaccettabile, anche se la voce era quella di un fenomeno come Mina.
Adesso sta per uscire (nei negozi il 20 febbraio) un cd di arie celebri, sempre cantate da Mina e arrangiate e riorchestrate da Ferrio, tratte da opere italiane e straniere, tra cui Nessun dorma dalla pucciniana Turandot. E la registrazione della celebre romanza, pezzo reso ancora più popolare nei decenni passati dall'interpretazione sovrana di Luciano Pavarotti, aprirà il 17 febbraio la 59esima edizione del Festival di Sanremo. Insomma: non c'è da temere, anche stavolta, una reazione negativa dagli ambienti musicali più conservatori?
«No - risponde Ferrio - perché nel frattempo la diffidenza del mondo classico verso gli autori di musiche da film e di canzoni si è molto attenuata. E poi con la contaminazione è successo praticamente di tutto: sono stati rivisti in chiave pop o jazz Bach, Mozart, Beethoven e tantissimi altri, anche se non sempre, forse, con il gusto necessario a queste delicate operazioni. Comunque, se ci saranno polemiche discuteremo, civilmente, pacatamente».
"Nessun dorma" è scritta per un personaggio maschile. Questo è stato un problema per voi? «No. C'interessava soprattutto il fatto musicale. Anche se il rapporto suono-parola resta fondamentale. La tonalità è stata abbassata per adattarla all'estensione di Mina (il "si" di "Vincerò" diventa un "re"), che ci mette comunque una potenza e un'incisività assolutamente straordinarie».
Com'è nato il progetto del cd? «Da un grande amore di Mina e mio per l'opera lirica e soprattutto per Puccini. Già con l'operazione Bohème, in cui la voce di Rodolfo per Che gelida manina era Johnny Dorelli, io volevo dire che hanno preso un po' tutti da quella musica, particolarmente negli Stati Uniti. Jerome Kern, Cole Porter, George Gershwin sono in pratica gli operisti americani e si sono ispirati tutti a Puccini, del resto apprezzatissimo da compositori come Schoenberg e Stravinsky. Io da parte mia ci ho messo un grande rispetto, e voglio credere che se Puccini fosse vivo mi direbbe "Non c'è male"».
Con che orchestre avete inciso i brani? «Con quella della Svizzera italiana a Lugano, e per due brani con la Roma Sinfonietta a Roma. Ottimi complessi. Ma anche per la Bohème avevamo musicisti prestigiosi: la prima viola dell'orchestra era il grandissimo Dino Asciolla».
Quali gli altri autori nel cd? «Non posso ancora dirlo. Però posso dire due grandi assenti: Verdi e Rossini. Non c'è nemmeno Leoncavallo, anche se si è appena saputo che Pavarotti, ammiratissimo da Mina, le aveva proposto di interpretare insieme Pagliacci, il capolavoro del compositore napoletano. Poi il progetto non si concretizzò, ma l'idea era bellissima».

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