MUSICA




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E' la scarpa che fa il dissenso - di Mina - La Stampa - 8.02.2009

E' la scarpa che fa il dissenso - di Mina - La Stampa - 8.02.2009

Dopo aver navigato nelle alte sfere della freudiana simbologia sessuale, le scarpe sembravano scadute alla normalità della valenza estetica. Ma, oggi, le rinomatissime faccende di Muntazer al Zaidi e Bush a Baghdad, di uno studente di Cambridge e il primo ministro cinese Wen Jiabao, di un innominato di Stoccolma e l’ambasciatore israeliano Benny Dagan, hanno conferito alle scarpe la loro dignità semantica nella rappresentazione dello sprezzante dissenso. Come è evidente dal clamore mediatico, indipendentemente dall’uso, se ne continueranno ad avvantaggiare i calzolai, i maestri inglesi del cuoio, i ciabattini, i tomaisti di Case Reali. Così vanno le cose della vita. Da una parte i maleducati contestatori scalzi e, dall’altra, i malcapitati obbiettivi con la loro scarsa innocenza, il loro briciolo di arroganza, il loro macigno di inopportunità.

In un mondo in cui la comunicazione si arricchisce di strumenti, perde potere la sua unità di misura fondamentale che è la parola e diventano importanti e concepibili alcuni gesti che avremmo voluto fossero relegati, semmai, all’intimità delle mura di casa. E invece no. Lo sfregio della scarpa lanciata è stato applicato in una sede diplomatica e in un paio di aule universitarie... per ora. La volgarità non sta tanto nell’inosservanza di una minima decenza da galateo quanto nel non saper riservare alle occasioni meritevoli comportamenti «eleganti» di superiorità culturale e etica. Su YouTube, la scarpa che volteggia rivoluzionaria e patetica, fa il giro del mondo e sembra poter infiammare i feticisti protestatari. Vedendo e rivedendo a dismisura i filmatini vorremmo convincerci all’applauso. Personalmente non ci riesco. Nell’interpretazione più benevola e nella similitudine più azzardata, potremmo attribuire a questi atti il valore di moderni tentativi risorgimentali con una revisione e un aggiornamento di metodo rispetto all’ironia del Sant’Ambrogio di Giusti e alla solennità del coro del Nabucco.

Più realisticamente attribuisco al lancio delle scarpe il ruolo di un triviale sfogo a scadente penetrazione simbolica e addirittura nullo effetto fisico. Almeno prendere bene la mira per una guaribilissima lacero-contusione. Mi soccorre in questo convincimento una poesia composta in onore del giornalista iracheno dopo le schivate di Bush: «… anche le scarpe non hanno voluto baciarlo…». C’è più espressione spregiativa in queste parole che in mille calzature che avessero potuto stampare la loro impronta sul presidenziale faccino.

Re: E' la scarpa che fa il dissenso - di Mina - La Stampa - 8.02.2009

Eh sì, evidentemente neanche quello scarpino avrà voluto baciare quel faccino di culino...
Ciao Paolo!

Re: Re: Ciao Claudio!

Grazie della visita!