MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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IL RITORNO DI SEAL DI MARINELLA VENEGONI

Il nuovo re del soul è una vecchia conoscenza di 45 anni, un metrosexual di fisico statuario, e riconoscibilissime cicatrici sul volto che accendono l'immaginario di signore&signori. Quietamente seduto nel salotto di un hotel bonton nel centro di Milano, Seal esibisce pure, con maschia nonchalance, unghie curatissime e longuette, clamorosamente laccate di nero: ma parla (e quanto parla) di tutt'altro, e sta all'occhio che non gli spuntino domande non gradite, che sarebbero poi quelle sulla sua mogliettina Heidi Klum, bionda creatura che gli ha dato tre figli, conosciuta in Italia per esser stata compagna di Briatore, dal quale ha avuto un'altra bambina. Scorre felice la vita di coppia, ma lui è un po' sull'attenti perché non vuol sforare nel pettegolezzo, di madame si limita a dire: «E' un tipo molto decisionista. E' molto tedesca. E' il mio barometro, mi sommerge di appunti sui miei percorsi artistici. Non sempre siamo d'accordo, ma è lei la mia ispirazione».

E chissà se è stata la teutonica bellezza a suggerirgli come rientrare pesantemente in gioco - dopo un periodo un po' buio e incerto nella ventennale carriera - incidendo questo notevole album di cover intitolato appunto «Soul», che in un paio di mesi ha venduto due milioni di copie nel mondo destinate probabilmente a crescere. E', in "abbronzato" come direbbe il nostro Presidente, la stessa formula usata da uno stanco e scipito Rod Stewart per ritrovare smalto e fatturati: una raccolta di autentiche perle della tradizione soul, che comprende pezzi come «A change is gonna come» di Sam Cooke, «It's a man's man's man's world» di James Brown, «I've been loving You too long» di Otis Redding, «I'm Still in Love With You» di Al Green o la famosissima «Stand By Me» di Ben E.King, per non citarne che alcuni.

Ma il bello è che Seal le canta con cura e sapienza e mestiere, riuscendo con una voce così particolare a non disperderne l'antico sapore, pur rinnovandole a sua misura. L'album dunque colpisce dritto al cuore, complice il fatto che molti di questi pezzi non sono stati riascoltati per lungo tempo: in questo mondo senza più storia e memoria, i ragazzi si avvicinano (tristezza) convinti che si tratti di canzoni inedite. Seal confessa di aver incontrato dovunque nel mondo, in promozione e fra professionisti, gente che di questa musica non aveva mai sentito parlare.

Poi si spende in lodi sperticate per l'unico produttore che avrebbe potuto aiutarlo così bene nell'opera, David Foster, navigato artista dal magico tocco al pianoforte, produttore pure di Andrea Bocelli: «Foster è come un jukebox - dice - bastava in studio accennare a una canzone, e lui la continuava suonando. Io sono cresciuto con questi classici del soul che mia madre mi faceva ascoltare a casa, ma non mi era mai venuto in mente di provarci a mia volta».

Per qualche bizzarro motivo di marketing, i suoi giri promozionali prevedono una partecipazione a X-Factor. E poiché si tratta di un format internazionale, l'altra sera se n'è andato a far bella mostra di sé pure dal trio Fulgens Maionchi/Morgan/Ventura: «Ho trovato la versione italiana particolarmente appassionata - dice -. Ma voi qui in Italia avete una passione particolare per tutto quel che fate, dai libri alla musica. Ah, che Paese, il vostro, è il più bello del mondo: l'estate scorsa con Heidi e i bimbi abbiam fatto 15 giorni in barca sulla costa di Amalfi. Paesaggio stupendo». Meno male che non ha visto le villette a schiera un po' più a sud; la conversazione si chiude - è ovvio - con un inno a Obama.