MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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Come è suonata la settantasettesima edizione del Festival di Cannes?

Come è suonata la settantasettesima edizione del Festival di Cannes? Questa tornata di film ha sancito una grande nostalgia per la dance anni ‘90, divenuta lo strumento per ricreare atmosfere nostalgiche nei film ambientati nell’ultima decade dello scorso secolo, esattamente come avvenuto per la musica ballabile del decennio precedente. Al contempo, EDM, trap e rap martellante punteggiano i film che cercano di raccontare il mondo (musicale ed emotivo) della generazione Z.


La musica italiana continua a fare capolino anche nei film che italiani non sono, mentre una popstar internazionale sembra aver già piazzato il suo pezzo con cui tenterà la corsa agli Oscar nel 2025.

Ecco i momenti musicali che hanno aiutato i registi a regalarci grandi momenti di cinema e che rimarranno impressi nella memoria del Festival di Cannes 2024.

Dance per raccontare il passato, dance per interpretare il presente
La dance, nelle sue mille derivazioni e contaminazioni, è stata l’assoluta protagonista del Festival di Cannes 2024. Nessun altro genere ha fatto capolino così di frequente nei film presentati in competizione, sia in quelli ambientati in specifici decanni del passato, sia in quelli che raccontano la contemporaneità.

Non è difficile capire perché. La dance è orecchiabile e ballabile per definizione, si presta benissimo come tappeto sonoro “facile” per scene ritmate ed energetiche. È meno impegnativa da armonizzare alle immagini e ai dialoghi di pezzi pop, rock o operistici più “importanti” a livello sonoro. Inoltre, quando declinata nei suoi tormentoni commerciali più memorabili (esattamente come avvenuto in questa Cannes), permette l’istantanea caratterizzazione sonora di un film ambientato nel passato.

In “The Apprentice”, film ambientato negli anni ‘70 che racconta l’ascesa di un giovane Donald Trump, i brani disco cult “I'm your boogie man” di KC and the Sunshine Band e "Yes Sir, I Can Boogie" del duo vocale Baccara, contribuiscono a ricreare l’atmosfera scintillante e opulenta della New York dell’epoca.


Dal boogie anni ‘70 si saltano gli anni ‘80 (la cui popolarità è un po’ in declino), per arrivare alla dance anni ‘90. La nostalgia cinematografica sta colonizzando questo periodo, diventato i nuovi anni ‘80. Succede anche nel cinema d’autore. Il cinese Jia Zhangke spara a tutto volume "Butterfly" del duo svedese bubblegum dance Smile.dk in una discoteca cinese. La protagonista del film intreccia un gioco di sguardi con l’uomo che amerà per tutta la vita sulle note della canzone. Lui poi fuggirà e lei lo inseguirà, cantando al karaoke hit locali, continuando a ballare e a cercarlo per più decenni.

È la stessa trama dello struggente “Grand Tour” del portoghese Miguel Gomes. Come il titolo lascia presagire si esplora tutta l’Asia, sulle tracce di un futuro marito che forse è anche una spia dell’impero britannico. In teoria siamo nel 1914, ma il continuum spazio-temporale è talmente poroso che nella giungla si sento trilli di cellulari e note di hit dance locali di fine secolo. Il film si chiude con un colpo al cuore, sulle note di “Beyond the Sea” cantata da Bobby Darin. C’è anche un signore malese che canta “My Way” di Frank Sinatra in un karaoke pubblico, poi si commuove e torna a sedersi al suo tavolino, bevendo una birra.


È ambientato negli anni ‘90 anche “L’Amour Ouf”, tamarrissima epopea criminale e amorosa del francese Gilles Lellouche in cui François Civil e Adèle Exarchopoulos sono amanti che s’inseguono per decenni, incapaci di starsi lontani ma anche di non ferirsi a vicenda. Si comincia con un mixtape su musicassetta in cui lui le incide “Nothing Compares to U” cantata da Chirs Cornell. Anni più tardi il marito di lei capirà che la sua compagna ama un altro guardandola ascoltare la musicassetta con un vecchio walkman. In discoteca, la protagonista sull’orlo del pianto balla e butta fuori la disperazione sulle note di “Missing (I Miss You Like the Deserts Miss the Rain)”, ballabile triste dei No Mercy.

Balla anche Emma Stone sulle note di “Brand New ******** di COBRAH nel nuovo film di Lanthimos, che si apre usando “Sweet Dreams” per dare il ritmo giusto a “Kinds of Kindness”. Un uso molto piacione della musica e della nostra familiarità con i ritmi di certe hit immortali, ma è un’operazione furba che funziona e che fa muovere la testa a tempo.

Il presente musicale è fatto di mixtape, speaker wireless ed EDM
Il presente, musicale e non, è raccontato dal film Palma d’Oro “Anora” di Sean Baker, ricolmo di musica da club: d’altronde la protagonista è una spogliarellista e sex worker che lavora in un localino di New York frequentato anche dagli oligarchi russi. È la dance che si fonde a trap e EDM quella che punteggia questa colonna sonora, che racconta anche il modo nuovo con cui i giovani vivono la musica. Basta mixtape. Anora, la protagonista, si lamenta perché il DJ del locale dove lavora l’ha trattata male dopo che lei gli ha chiesto di mettere la sua playlist e farla suonare. È un mondo di


speaker wireless quello di Anora e delle sue amiche, dove per fare uno spogliarello sexy estrai il cellulare, fai partire la canzone preferita e il primo gesto sexy del balletto è quello di poggiare lo speaker su tavolino del privé, di fronte al cliente.

La musica nuova suona anche nel musical “Emilia Pérez”, il film di Jacques Audiard che probabilmente traghetterà Selena Gomez (nella foto) alla sua prima nomination agli Oscar. Interprete dell’incredibile pellicola del regista francese, parlata in spagnolo e ambientata nel mondo dei cartelli messicani del narcotraffico, Gomez canta una canzone sensuale in un karaoke, con tanto di sottotitolo in sovrimpressione, se volete cimentarvi con lei. S’intitola “El Camino” e ne risentiremo sicuramente parlare, ma occhio anche alle ottime performance di Zoe Saldana nei numeri musicali del film, che ha vinto a Cannes molti premi, tra cui quello per la colonna sonora.

Dalle pop star che si sono reinventate vere a quelle fittizie, come non citare la vestale dysneiana di Francis Ford Coppola? Un po’ Miley Cyrus, un po’ Britney Spears: ve ne ho già parlato nell’approfondimento dedicato.

Cocciante, Gino Paoli: la musica italiana suona a Cannes grazie a Sorrentino
La musica italiana non è mancata, nei film italiani e non. Si parte dalle ricercatissime scelte musicali di Paolo Sorrentino, che per il suo “Parthenope” fonde i pezzi della musicista trombettista australiana Nadje Noordhuis (”Volevo usarli da una vita, e questo mi è sembrato il film giusto”) a musiche di Gino Paoli e Riccardo Cocciante. “Era già tutto previsto” suona nelle due scene madri del film ed esprime tutta la malinconia per la giovinezza perduta della protagonista.


In “Marcello Mio” del francese Christophe Honoré Chiara Mastroianni affronta il passato leggendario della sua famiglia travestendosi da suo padre Marcello. Nel film la vediamo partecipare a un programma Rai rimettendo in scena una celebre clip di Studio uno in cui l’attore, nel 1965, cantò "Se piangi, se ridi" accompagnato da un cane. Occhio anche a un bel numero musicale con protagonista Catherine Deneuve.

Sorprendente anche la presenza di “La Passacaglia della Vita (Homo fugit velut umbra)”, brano religioso del 1657, che fa capolino in un coming of age come Wild Diamond.

Il momento musicale più folgorante è però quello di “Bird” di Andrea Arnold. Nel finale del film uno straordinario Barry Kheoghan coperto di tatuaggi d’insetti, tamarro di periferia del cuore d’oro, canta una versione tanto stonata quanto dolce di “The Universal” dei Blur alla sua neosposa. È un papà imperfetto ma davvero affezionato ai figli, che s’innamora della “daddy music” dei Coldplay ascoltando a ripetizione “Yellow” per tentare di convincere una rana a secernere una sostanza allucinogena.

Il momento che strappa un’ovazione in sala è però un occhiolino al film che l’ha reso una star. A un certo punto Kheoghan sta parlando con gli amici di quale canzone potrebbe cantare al suo matrimonio ed esclama “Ci sono! Canterò ‘Murder on the Dancefloor’”. Impossibile non cogliere il riferimento al finale di "Saltburn", dove l'interprete ballava nudo per una magione inglese sulle note della hit di Sophie Ellis-Bextor, la cui produzione ha vissuto una seconda giovinezza dopo essere stata scoperta dalla generazione Z proprio grazie al film.