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Teatro alla Scala, un "Macbeth" onirico e distopico inaugura la stagione

Teatro alla Scala, un "Macbeth" onirico e distopico inaugura la stagione
Presentata l'apertura in scena al Piermarini il 7 dicembre: "Raramente un'opera riesce a parlare alla contemporaneità"

Mentre i teatri di Austria e Germania sono costretti a chiudere per colpa del Covid, il Teatro alla Scala inaugura la stagione lirica con il "Macbeth". E dopo il galà esclusivamente televisivo dell’anno scorso causa pandemia la Prima torna in presenza con il pubblico al completo in sala. Per il settantesimo 7 dicembre scaligero andrà in scena l'opera che chiude la “trilogia giovanile” di Giuseppe Verdi voluta dal direttore musicale Riccardo Chailly, (iniziata nel 2015 con "Giovanna d’Arco" e proseguita nel 2018 con "Attila")


Con la regia di Davide Livermore, e con un "poker d’assi" di voci soliste, Anna Netrebko (Lady Macbeth), Luca Salsi (Macbeth), Ildar Abdrazakov (Banco) e Francesco Meli (Macduff), "Macbeth" racconta il dramma dell'ambizione politica ad ogni costo, del delitto e del rimorso, fatti comuni ad ogni tempo della storia dell'uomo. "Raramente un'opera riesce a parlare alla contemporaneità come fa il Macbeth", ha spiegato Livermore a proposito dell'opera che inaugura il teatro milanese per la quarta volta nella sua storia, accade una volta ogni 22-23 anni.

Alla presentazione, il regista si è soffermato sul fatto che sia "un dramma universale perché sempre attuale nella storia dell'uomo. E' il racconto della catastrofe di una società non attraverso la cronaca ma attraverso un altrove, che potrebbe essere New York, come Singapore o Milano perché di fronte alla dittatura gli esseri umani sono tutti nella stessa barca". "Il contemporaneo che metteremo in scena è un incubo, una realtà onirica distopica in cui la nostra contemporaneità si autogenera in un modo diverso. Raccontiamo l’orrore attraverso un altrove molto vicino", facendo riferimento al film "Inception" di Christopher Nolan.



La produzione si avvale di riferimenti e "inquadrature" cinematografiche, della coreografia di Daniel Ezralow (al suo debutto alla Scala), le immagini di D-Wok, i costumi di Gianluca Falaschi, e le scene (digitali e non) di Giò Forma che Chailly ha definito "iperboliche". Per allestire la decima opera di Verdi, tratta dalla tragedia di William Shakespeare, viene abbandonato quindi il filtro della rappresentazione in costume, e si offre una città Novecentesca che richiama tanto le architetture di Frank Lloyd Wright quanto quelle di Piero Portaluppi.