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Lunga vita agli Anni '90, agli 883 e a Max Pezzali

Lunga vita agli Anni '90, agli 883 e a Max Pezzali
Che male c'è se un artista che ha ormai superato il traguardo dei 50 anni e ha scritto pagine che, piacciano o meno, hanno segnato la musica italiana degli ultimi 30, decide ora di autocelebrarsi?

Di Mattia Marzi

Fascette con il logo degli 883, t-shirt, cartelloni con su scritte dediche con i pennarelli che citano le canzoni del duo. Sembra davvero di essere tornati indietro di venticinque o trent'anni. Solo che i quindicenni e le quindicenni di allora oggi di anni ne hanno 40 o 45. Sono diventati padri, madri. Le musicassette degli 883 le hanno riposte negli scatoloni chiusi nello sgabuzzino, insieme ai ricordi dell'adolescenza, i diari della scuola, gli zaini multicolor della Invicta, i poster dei loro idoli. Eppure quando il cantautore ha annunciato un tour tutto dedicato ai dischi degli 883 (ieri ha fatto tappa allo Stadio del Baseball di Anzio, appena fuori Roma), non hanno aspettato: si sono precipitati subito ai botteghini - digitali e non - per acquistare i biglietti.

Per rivivere anche solo per una notte le emozioni di un decennio a suo modo magico. Che in Italia ha avuto come colonna sonora proprio le canzoni e i dischi di Max Pezzali e Mauro Repetto.

Operazione nostalgia? Indubbiamente. Ma che male c'è se un artista che ha ormai superato il traguardo dei 50 anni e ha scritto pagine che, piacciano o meno, hanno segnato la musica italiana degli ultimi 30, decide ora di autocelebrarsi? Che poi, a pensarci, non è nemmeno un'autocelebrazione vera e propria. Piuttosto, è una celebrazione di canzoni che sono magicamente diventate classici, resistendo alla generazione che raccontavano e alla quale si rivolgevano. La scaletta è un maxi-medley: "Non me la menare", "Te la tiri", "Sei uno sfigato", "Un giorno così", "Rotta x casa di Dio", "Weekend", "S'inkazza (Questa casa non è un albergo)". Sul palco Mauro Repetto non c'è, al fianco di Pezzali: lo raggiungerà però a San Siro, per le due date originariamente in programma l'anno scorso, posticipate a quest'anno e poi ulteriormente rinviate al 2022, che sarà peraltro l'anno in cui gli 883 festeggeranno i trent'anni tondi tondi dell'album "Hanno ucciso l'Uomo Ragno". Ma i suoi balletti rivivono nei ricordi del pubblico, che infatti si scatena sotto il palco, pur mantenendo il distanziamento.

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Le banconote da dieci mila lire ("Oggi se do a mio figlio 10 euro e gli dico 'vatti a divertire', mi risponde: 'Ma cosa ci faccio con 10 euro?'"), i tappetini nuovi e gli Arbre Magique, le birre scure, le sale giochi, i radioloni sempre a palla, immagini riprodotte sul telo alle spalle del palco, insieme alle copertine in stile pop art degli album del duo. È tutto un gigantesco "come eravamo": "Mio figlio mi domanda spesso: 'Perché ti piacciono così tanto gli Anni '90?'. Diverse motivazioni che un dodicenne non può capire. La prima: negli Anni '90 avevo i capelli - sorride Pezzali, che mischia nostalgia e autoironia - scherzi a parte, la prima cosa che mi piace in assoluto di quel decennio è che eravamo giovani. E quando sei giovane ti senti onnipotente. Sei convinto che il futuro di apparterrà per sempre: quel senso di sfrontatezza meraviglioso oggi un po' mi manca".

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Riconosce di aver fatto anche cose orribili con gli 883, Max. Come "Jolly Blu", il film del '98 - intitolato come la canzone contenuta in "Hanno ucciso l'Uomo Ragno" - con regia di Stefano Salvati, una sorta di musicarello Anni '90 con le canzoni del duo: c'erano pure le comparse di Jovanotti (faceva il presidente della casa discografica), Sabrina Salerno, Natalia Estrada, Alessia Merz. Inutile dirlo, fu stroncato dalla critica, che non apprezzava particolarmente le produzioni degli 883: d'altronde in quegli anni il grande discrimine tra una buona canzone e l'immondizia musicale era ancora l'impegno, e i testi di Pezzali e Repetto, oggi rivalutati e considerati più politici di quelli di altri artisti nel modo in cui raccontarono la generazione del riflusso, erano considerati tutto fuorché impegnati. Fu un flop anche al botteghino: "Certo non era una cosa da Oscar: forse più da psichiatria. Però c'era un'ingenuità bella, unita alla voglia di raccontare per immagini le nostre canzoni e a quell'entusiasmo che uno a 50 e rotti anni ormai ha perso".

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"Sei un mito", "La regina del Celebrità", "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", "Nessun rimpianto", "La dura legge del gol", "Gli anni", "Una canzone d'amore": manca solo uno schermo con i testi per trasformare il concerto in un gigantesco karaoke. "Le notti non finiscono all'alba nella via" resta una delle più iconiche opening lyric in una canzone italiana: fu anche grazie a "Come mai" che "Nord Sud Ovest Est" nel '93 vendette oltre 1,3 milioni di copie, quando i dischi si vendevano davvero, prima che internet cambiasse tutto. "In quegli anni io e Mauro abbiamo scritto delle canzoni che sono entrate a far parte della vita delle persone. E quell'emozione lì, quella di quando passi dallo scrivere in una cantina cose che pensi che nessuno ascolterà mai a capire invece che quelle canzoni le stanno ascoltando tante persone, che sono diventate ormai una colonna sonora, quando l'hai provata per la prima volta, così forte non la riprovi più. E allora è bello ricordarla", dice ad un certo punto del concerto Pezzali, guardando la folla davanti a lui. Lunga vita agli Anni '90, agli 883 e a Max Pezzali.