MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Fortunato Zampaglione su The Pact

Fortunato Zampaglione su The Pact: ‘I diritti degli autori in Italia? Di chi si difende dicono: o è pazzo o ricco’
L’autore spiega cosa succede quando un artista non si piega al ricatto sui diritti d’autore da parte degli interpreti: ‘Iniziano a far girare la voce che sei uno che crea problemi: tutti ti evitano, e…’

Di Davide Poliani
“Se mi è successo? Quasi sempre. Ma non significa che abbia detto sì”: Fortunato Zampaglione, classe 1975, dall’inizio degli anni Duemila ha prestato la propria penna a un impressionante stuolo di big e il fenomeno del quale parla The Pact - la cessione di diritti d’autore imposta dagli interpreti famosi agli autori delle canzone per “conquistarsi” il favore dell’interpretazione - lo conosce più che bene.


“Sono sempre stato un osso duro, fin dall’inizio, non tanto per ragioni economiche, quando per un principio di appartenenza: le canzoni sono mie, e trovo naturale difenderle”, racconta lui, chiarendo come il fenomeno, ormai, sia endemico non solo negli USA ma anche nel nostro Paese: “Da parte degli interpreti, in Italia, c’è un atteggiamento meschino, brutto: gli autori vengono trattati come fossero pezze da piedi. Il problema, bisogna dirlo, è più vasto, e non coinvolge solo gli artisti, ma tutto l’ecosistema: management, case discografiche, produttori e media, che hanno tutti un atteggiamento arrogante nei nostri confronti. E’ l’intero sistema a dare per scontato questo tipo di prassi. Adesso non mi interessa di individuare chi abbia sbagliato: tutti hanno agito per il proprio interesse. Però, alla luce di quello che sta emergendo in questi giorni, una cosa è giusto dirla: d’ora in poi, tutto ciò non è più accettabile”.

“Io ho avuto la fortuna di lavorare con artisti, come Eros Ramazzotti o Marco Mengoni, che con me sono sempre stati corretti”, prosegue Zampaglione, aprendo uno squarcio - da insider - sul fenomeno: “Però so cosa succede a chi ha a che fare con la gente sbagliata. Sapete cosa dicono di chi è intransigente e rifiuta certi compromessi? Che o è pazzo o è ricco. Professionalmente si viene isolati: è umiliante, oltre che ingiusto. Avete idea di quanti bravi autori abbiano smesso di lavorare solo perché - cercando di difendere i propri diritti - si sono creati la nomea dei matti o di avere un carattere di merda?”.


Zampaglione un l’idea su quale sia il primo limite della sua categoria a impedire di mettere un argine deciso alla pratica ce l’ha, e anche piuttosto chiara: “Sicuramente manca l’unità: per uno di noi che dirà no ci sarà sempre qualcun altro che dirà sì”, racconta, “Qualcuno disposto a scendere a patti ci sarà in ogni caso, perché gli interpreti intorno agli autori intransigenti sono soliti fare terra bruciata. Iniziano a far girare la voce che sei uno che crea problemi, così gli altri interpreti ti evitano: finisci fuori dal mercato e sei finito, perché al blocco degli artisti corrisponde quello delle case discografiche, in una specie di reazione a catena”.

“Con me ci hanno provato, ma non ci sono mai riusciti”, ribadisce: “Quando gli artisti o i produttori hanno co-firmato le mie canzoni è perché davvero hanno contribuito per migliorarle: penso, per esempio, alla parte scritta da Michele Canova per ‘Guerriero’ di Marco Mengoni”.

“Trovo particolarmente odioso che siano i big a ricorrere più spesso a questa pratica”, conclude Zampaglione: “Dietro a un autore ci sono anni di studio, sacrifici compiuti dall’autore stesso e dalla sua famiglia per crescere e prepararsi. Due ventiquattresimi su un brano possono rappresentare, per chi non naviga nell’oro, la sopravvivenza. Le grandi star sono ricchissime, guadagnano da tour e sponsorizzazioni. Quando esigono crediti immeritati lo fanno per due ragioni: la prima è la pura e semplice avidità. La seconda è lo status: chiedono il credito perché sanno di poterlo fare, e per rimarcare la propria condizione di big. In questo modo non solo si priva gli autori di un legittimo guadagno, ma li si oscura, li si deruba di una popolarità guadagnata tra l’altro giustamente. Vorrei precisare che non è una questione di ego, perché chi fa il nostro lavoro non ha velleità da personaggio pubblico, ma di sostenibilità: fare l’autore si sta rivelando una professione sempre meno congrua, che tra un po’ potrebbe non valere più la pena fare. Se dico queste cose, è perché ci tengo che le ragazze e i ragazzi che oggi sognano di farlo, un domani, possano farlo davvero”.