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Mercato discografico mondiale: nel 2020 crescita del 7,4% nonostante la pandemia


Diffuso oggi, martedì 23 marzo, il report annuale dell’International Federation of the Phonographic Industry: la musica registrata 'salvata' dallo streaming (soprattutto in Italia)
Mercato discografico mondiale: nel 2020 crescita del 7,4% nonostante la pandemia
L’IFPI, l’International Federation of the Phonographic Industry, ha diffuso oggi il suo rapporto annuale riguarda l’andamento del mercato discografico nel 2020. I dati comunicato dall’organismo che rappresenta a livello globale l’industria discografica hanno sostanzialmente confermato le proiezioni pubblicate la scorsa settimana all’interno dell’indagine di MIDiA Research, che ha ribadito - insieme ai bilanci delle major resi noti all’inizio di quest’anno - come la pandemia non abbia di fatto intaccato il mercato della musica registrata.

Nella sua interezza, il comparto discografico mondiale nell’anno dell’emergenza sanitaria da Covid-19 è cresciuto del 7,4% rispetto al 2019, facendo registrare ricavi per 21,6 miliardi di dollari. A trainare la crescita, come da tendenza consolidatasi ormai nel corso degli ultimi anni, è stato lo streaming, che ha visto i ricavi dagli abbonamenti premium - quelli a pagamento - crescere del 18,5%, per un totale di 443 milioni di utenti attivi in tutto il mondo. L’incremento del digitale è stato in grado di assorbire sia l’ulteriore calo del formato fisico, contrattosi di 4,7 punti percentuali, che delle prestazioni negative dei diritti connessi, penalizzati del 10,1% a causa del blocco delle attività di musica dal vivo e diffusa.

Riguardo al mercato italiano, a registrare l’incremento più alto è stato lo streaming freemium (quello fruito gratuitamente con il supporto della pubblicità), cresciuto del 31,59% (con ricavi per 38,89 milioni di euro), seguito a meno di un’incollatura dai servizi premium (a pagamento), che con un rialzo del 29,77% hanno registrato incassi per 104,54 milioni di euro.

Altro settore in crescita è quello dei social: i ricavi generati dai modelli di retribuzione della piattaforme hanno fatto segnare un positivo del 31,59%, generando ricavi per 38,9 milioni di euro. Allargando il quadro a tutti i formati, la quota di mercato del digitale ha raggiunto l’81% di tutti i ricavi dell’industria in Italia, contro il 72% del 2019.

“In questo anno difficile si è di fatto conclusa la lunga fase di transizione digitale del mercato musicale italiano”, ha commentato il ceo di FIMI Enzo Mazza: “I consumatori di tutte le età hanno finalmente abbracciato le offerte online generando un significativo incremento nella fruizione dei contenuti musicali su tutte le piattaforme”.

Strategica, nel conseguimento di questo risultato, è stata la scelta - da parte delle case discografiche - non non interrompere il flusso di investimenti e, di conseguenza, di pubblicazioni durante il lockdown: nel 2020, in Italia, sono stati certificati 156 album tra oro e platino, poco sotto i 166 dell’anno precedente. La lieve flessioni registrata nelle classifiche non si è riverberata sui dati forniti dai servizi digitali: nel 2020 sono stati 246 gli artisti italiani che hanno superato i dieci milioni di stream, contro i 97 che nel 2010 avevano superato la soglia delle diecimila copie vendute tra fisico e download.

Resta sempre critico, anche in Italia, il comparto occupato dai supporti fisici, crollato nel suo complesso - anche a causa delle chiusure degli esercizi di vendita imposte per il contenimento del contagio - del 40,81%: mentre il CD ha registrato una contrazione del 35,14%, il vinile è riuscito a strappare al 2020 uno striminzito positivo di 2,5 punti percentuali.

Si è riflesso anche sul mercato domestico quanto registrato sul panorama mondiale circa i diritti: lo stop ai concerti e la serrata di esercizi pubblici come bar, ristoranti, discoteche e palestre hanno costretto il settore delle royalties a ripiegare di oltre 31 punti, facendo segnare una perdita rispetto al 2019 di oltre 18 milioni di euro.