MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Fabio Ilacqua: “Una canzone è come un vestito fatto su misura”


Di Claudio Cabona

Con Fabio Ilacqua, 45 anni, abbiamo riavvolto il nastro della sua carriera, passando dagli esordi, ai grandi successi al Festival di Sanremo con Francesco Gabbani, fino alla collaborazione con Ornella Vanoni per il suo nuovo album "Unica".


Da quanto tempo non riascolti il tuo album d'esordio da cantautore, "Ballata del dopocena", uscito nel 2007 dopo la vittoria a Musicultura con "La città giardino"? Come lo valuti, oggi, quel disco di debutto?
In realtà è un disco che non è mai stato edito. In generale riascolto poco di quello che realizzo, mi interessa di più il percorso di costruzione. Anche perché nel 99% dei casi sono insoddisfatto. Quando dai uno sguardo da più lontano, vedi carenze ed errori, situazioni che potevano essere scritte in maniera differente. Quel disco, comunque, è il lavoro fatto da un ragazzo ingenuo, un album derivativo e legato al mio amore per il cantautorato italiano.

Prima di scrivere con Francesco Gabbani avevi già visto pubblicate alcune tue canzoni? Quali?
No, l’unica fu “Ballata del dopocena”, presentata per l’appunto al Musicultura del 2007. Non avevo fatto nient’altro in precedenza. Musicultura è stata la prima manifestazione a cui ho voluto partecipare seriamente, mosso dalla voglia di scrivere.

La tua carriera di autore professionista è sostanzialmente iniziata con Francesco Gabbani. Come è nato quel sodalizio?
Quasi casualmente. Scribacchiavo. A metterci in contatto è stata una conoscenza comune. Francesca Barone di Sony; mandava alcuni miei pezzi a Patrizio Simonini dello Studio Canova, fu proprio lui a dirmi che c’era un ragazzo che voleva realizzare delle canzoni. Era Francesco Gabbani. Ci siamo sentiti su Skype perché io non ho il telefonino, mi mandò “Amen” con un testo in finto inglese e io l’ho riscritto. Siamo diventati amici in un secondo momento, durante la lavorazione del primo album.


Quando hai firmato il tuo primo contratto come autore?
L’ho firmato nel 2016, dopo la scrittura di “Amen”: è un contratto con Bmg. Prima di allora ne avevo uno con Sony, ma non è durato nemmeno un anno ed era una collaborazione gratuita; per questo considero quello con Bmg il mio primo vero contratto.

Sei l'unico autore ad aver vinto due Sanremo consecutivi: uno nei Giovani con “Amen”, uno nei big con “Occidentali's karma”. L'avresti detto, quando hai cominciato a scrivere canzoni, che avresti ottenuto questo record?
No, assolutamente. Sono abbastanza pessimista, tendo sempre a vedere ciò che non funziona, non mi aspettavo un successo di questo tipo. Quella che mi rende più orgoglioso è stata la vittoria con “Amen”, perché l’abbiamo scritta io e Francesco da soli. È stata la prima nostra esperienza importante. Quando l’abbiamo composta sembravamo due ragazzini: nonostante i linguaggi diversi si è creato un rapporto magico. “Amen” è nata spontaneamente, mentre “Occidentali's karma” ha visto la partecipazione anche di Filippo Gabbani e Luca Chiaravalli.

Ci sono otto tue canzoni (tutte quelle del disco) in “Eternamente ora”, otto su nove in “Magellano”, nessuna in “Viceversa.” Il sodalizio con Gabbani è cessato?
Ci siamo resi conto che volevamo intraprendere strade diverse. Io perseguivo un percorso più di nicchia, di ricerca, sia con le parole sia con la musica. Non mi sono mai posto la domanda se un pezzo funzionasse o meno dal punto di vista radiofonico, mi sono sempre interessate altre caratteristiche delle canzoni.


Nel 2018 hai pubblicato cinque canzoni nell'album "Libertè" di Loredana Berté. Come è stato scrivere per lei - e con lei, visto che “Anima carbone” porta anche la sua firma?
È stato facile. Quando scrivi una canzone per qualcuno è come se cucissi un vestito su misura. Io non sono mai stato un grande ascoltatore delle canzoni di Loredana Berté, ma i suoi pezzi li si apprende per osmosi. Quando ho a che fare con degli interpreti, mi piace conoscerli e capire che cosa vogliono. È un lavoro che ricorda quello dei pittori del ‘500, a cui la committenza chiedeva di realizzare delle opere. Il pittore faceva credere a quest’ultima di aver portato a termine quanto chiesto, ma in realtà aveva fatto di testa sua. Con la Berté ci siamo sentiti, abbiamo parlato a lungo. “Anima carbone” ha la doppia firma perché lei ha voluto modificare alcune cosette.

Nel 2019 hai pubblicato sei canzoni nell'album di Marco Mengoni “Atlantico”. Come è stato scrivere con lui?
Marco ha chiamato Bmg e ha chiesto di poter lavorare con me. Non avevo mai ascoltato i suoi dischi. Ma quando ci siamo visti a cena mi ha passato una playlist ricca di riferimenti che mi hanno entusiasmato. Voleva mettersi in gioco, e infatti “Atlantico” è un album molto coraggioso. Per la scrittura di quelle canzoni mi ha dato carta bianca. “Dialogo fra due pazzi” è un brano sulla follia che mi ha direttamente chiesto lui, mi ha perfino fatto partecipare ai cori. È un artista molto versatile, siamo diventati grandi amici.


Ornella Vanoni ha detto: "quando la BMG mi ha parlato di Fabio Ilacqua sono andata il giorno dopo a Varese per conoscerlo, ed è nata una grande intesa".
È venuta a trovarmi a Fogliaro, nel mio studio, mi ha fatto sentire diversi brani che aveva in mente. È una persona molto curiosa, attenta ai dettagli, e mostra un’attenzione pazzesca ai testi. È subito nato un rapporto speciale, parlando di arte e cultura.

Per chi sogni di scrivere?
Mi piacerebbe scrivere per Ivano Fossati o Paolo Conte.

A quando un disco di canzoni tutto cantato da te? Proprio nel nuovo disco della Vanoni duetti con lei nel brano “La mia parte”,
Per me un disco è come un dipinto: lo crei e poi lo esponi. Non c’è bisogno di altro. La Bmg però mi ha già più volte chiesto di realizzarlo; ci sto pensando, potrebbe essere una nuova sfida.

Il rap e l’indie di oggi ti piacciono?
Il rap nasce in America, in quartieri poveri, da un’urgenza che non rivedo in quegli italiani che oggi biascicano di donne, sesso e macchine. Alcuni si distinguono e meritano, ma la maggioranza è puro mercato. C’è anche il pop, anch’esso capace di diventare bieco in questi tempi. Tutti i generi meritano rispetto. Però quello che vedo oggi in giro non è arte, ma una corsa al successo.


Che cosa consigli a un autore agli inizi?
Ai ragazzi e alle ragazze dico di non pensare alla meta, ma di capire quanto la musica possa dare maggior valore e significato alla vita; poi, se capita che le canzoni ottengano dei riconoscimenti ancora meglio, ma il successo non deve diventare un fine.



Cinque anni fa, quando "Amen" vinse il Festival di Sanremo, scrissi queste righe che vi ripropongo, e sottoscrivo ancora oggi (Franco Zanetti).

Nel 2004 mia moglie, che all'epoca non era ancora mia moglie, mi ha fatto conoscere un suo amico che scriveva e cantava canzoni. Sapete com’è, no? “Tu ti occupi di musica, lui fa anche il cantautore, ti andrebbe di ascoltare le canzoni che scrive e canta?”. E vabbé. Quell’amico di mia moglie, nel 2004, scriveva canzoni molto da cantautore, troppo da cantautore, anzi troppo da Fabrizio De André. Insomma è finita che io gliel’ho detta, questa cosa del “troppo De André”, siamo rimasti ugualmente in buoni rapporti, ci siamo anche frequentati, lui ha costruito degli scaffali per i CD di casa mia (perché è anche artigiano di buona mano), io ho comprato un paio di suoi quadri (perché è anche pittore di buona mano), e poi, come capita, qualche anno dopo noi abbiamo cambiato casa e ci siamo un po’ persi di vista.
A metà novembre dell’anno scorso ho ricevuto un comunicato in cui c’era scritto che fra i finalisti per le selezioni di Sanremo c’era un certo Francesco Gabbani, che sinceramente prima non avevo mai sentito nominare, in gara con una canzone intitolata “Amen” scritta insieme a un certo Fabio Ilacqua. Ora, Ilacqua non è un cognome molto diffuso – ed è il cognome di quell’amico di mia moglie, Fabio di nome. Difficile pensare a un’omonimia. Naturalmente l’ho cercato, ci siamo scritti e telefonati, gli ho detto che la sua canzone mi piaceva molto perché era ed è vero, e qualche settimana dopo, cioè stasera, Fabio Ilacqua ha vinto Sanremo Giovani come coautore della canzone di Francesco Gabbani.
Lasciate perdere le questioni private: la morale di questa storia, e lo dico a quelli che scrivono o cantano canzoni e pensano di diventare famosi in sei mesi, e s’incazzano o si perdono d’animo se non succede, è che sono passati più di dodici anni (più quelli trascorsi da quando ha cominciato a scrivere canzoni a quando l’ho conosciuto io) prima che Fabio Ilacqua potesse avere successo. Segno che – mentre faceva altre cose, altri lavori, mentre viveva una vita normalmente difficile e faticosa come tutti noi - Fabio Ilacqua non ha messo da parte l’amore per la musica e la voglia di scrivere canzoni. E per questo lo rispetto, lo apprezzo e sono felice della sua vittoria.