MUSICA




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MUSICA
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30.12.1968 La prima incisione di «My Way»


Ci hanno provato tutti, da Elvis a Bob Dylan a Bruce Springsteen. Ma è nell'interpretazione di «The Voice» Sinatra che è diventata un simbolo del '900 americano (nonostante sia nata in Francia).
E pensare che se fosse stato per lui non l'avrebbe mai cantata. Se quel 30 dicembre 1968 Frank Sinatra ha inciso a Los Angeles My Way dobbiamo ringraziare sua figlia Nancy. «Ma papi, sei scemo? Altro che triste e disperata e mortifera! È un inno a un grande uomo, a un vero americano che si è fatto da sé, come te». My Way diventerà una delle canzoni più amate da Frank, tanto che ha voluto cantarla, a 79 anni, in Giappone alla fine di quello che aveva definito «il mio ultimo grande spettacolo da un palco». Era il 20 dicembre del 1994. Frank amava il bluff, ma quella volta le sue lacrime erano vere. Dopo quel giorno qualche esibizione la fece ancora, ma mai così impegnativa come il concerto giapponese.
Un altro motivo per cui Frank era diffidente nei confronti di My Way sta nella storia (o meglio nelle origini, la storia l'ha fatta la versione di «The Voice») della canzone. Perché My Way non era tutta roba sua e del suo clan, in questo caso il produttore e arrangiatore Don Costa e il cantante paroliere Paul Anka. Tutto comincia in una zona imprecisata degli anni Sessanta quando Jacques Revaux, un ex cantante, compone un motivo accompagnato da un testo in francese che traduce anche maldestramente in inglese sotto il titolo For Me. Un insieme inutilmente triste e una melodia che puzza di già sentito: così lo boccia il produttore cui viene sottoposto. E per di più non piace nemmeno alla persona cui viene dedicata.
Piace, invece, quando la sente nel 1967, a Claude François, cittadino francese di madre italiana nato in Egitto, frequentatore abituale della Hit Parade. Gli piace perché ci si ritrova, in quella malinconia, lui che era stato lasciato dal suo grande amore. Con un suo amico paroliere la rimpasticcia un po', ci mette tanto del suo dolore, salva la musica rinforzando le ultime parole del ritornello che suonano, in crescendo: «Comme d'habitude» (nella mitica versione di Frank diventeranno «I did it my way»). La versione di Claude va subito in Hit Parade. Il successo gli fa venire in mente di farne subito una edizione italiana. Andrea Lo Vecchio lo aiuta a tradurre i versi. Ma in Italia ci credono poco: finisce sul lato B di un 45 giri intitolato Se torni tu. Ci crede subito, appena la sente alla radio, Paul Anka, che alla fine del 1967 è in Francia per molti giorni. Appena può va a Parigi a trattare i diritti di Comme d'Habitude. Paul si concentra sul testo: lo rivolta completamente e quell'inno alla malinconia diventa un inno alla vita, anche se è una vita che sta per finire, la vita di un uomo che guarda indietro prima di «affrontare l'ultimo sipario». E si rende conto che ha vissuto come voleva, alla sua maniera, a modo suo, in quel modo che non ti puoi, non ti devi pentire di niente perché «hai amato, riso e pianto». E allora «le lacrime si fermano e trovi tutto molto divertente». Paul fa anche il titolo My Way che coincide con le parole del crescendo e va da Frank: «Ho una canzone perfetta per te». Frank ascolta, studia, riflette e si abbandona a un pessimistico: «Ma sei proprio sicuro?». Poi ci penserà Nancy.
E My Way diventerà uno dei più ascoltati tra i 2.200 brani incisi e uno dei più famosi tra i 600 milioni di dischi venduti da Frank in 63 anni di carriera: dal 1932 al 1995, anno in cui tenne il suo ultimo concerto dal vivo.