MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Jamie Cullum (non) vuole diventare Michael Bublé


All’inizio della sua carriera, Jamie Cullum si definiva “pointless nostalgic”, come il titolo del suo primo album per una major. Inglese, 41 anni, Cullum ha iniziato soprattutto con gli standard e il jazz, con un occhio al pop e al rock (inseriva in repertorio anche cover dei Radiohead e di Jeff Buckley). Non ha mai abbandonato le cover, ma con gli anni ha scritto sempre più musica originale: oggi si definisce soprattutto cantautore, e pubblica il suo disco di natale.
”The pianoman at Christmas” è un album di originali natalizi, che si allontana dal modello della rilettura dei classici del genere, da Michael Bublé e soci - mirando piuttosto a Sufjan Stevens, “Il Bob Dylan della mia generazione”, racconta
Ci siamo fatti spiegare il suo percorso, e perché un album di Natale può essere rilevante e non “corny”, stucchevole - la parola che usa di più durante la nostra conversazione.

Gli standard natalizi e le cover vs. le canzoni originali
Perché incidere un album di natale nel 2020, con un repertorio di canzoni festive già ricco e consolidato e molti dischi trascurabile? “Il rischio è di suonare stucchevole, è vero. Ma basta pensare che in questo repertorio ci sono almeno 60-70 canzoni di natale che ognuno di noi conosce a memoria, scritta da gente come Gershwin o Johnny Mercer, a prescindere dal fatto che ti piaccia il metal o l’elettronica”, risponde pronto Cullum, che si dice stupito che in Italia non si facciano album di questo genere.
Poi riflette e spiega perché un disco di Natale adesso e perché proprio brani originali, senza pescare dal quel repertorio: “Non ne avrei mai fatto uno a 20 anni. Ora sono un adulto, sono un cantautore e ho una prospettiva diversa: la mia relazione con la scrittura è cambiata. Rileggere canzoni altrui è un atto profondamente creativo, ma scrivere originali era più divertente e una sfida maggiore: come tuffarsi nell’oceano al posto di tuffarsi in una piscina. Mi sono chiesto cosa potevo fare in questo campo: la sfida più grande era fare canzoni di natale originali ma dal suono classico, che potessero rimanere in giro per anni".


Michael Bublé vs. Sufjan Stevens
Fare dischi di natale può essere una benedizione e una maledizione: lo dimostra Michael Bublé, che spesso viene identificato soprattutto con quetso genere, pur avendo una carriera più ampia. “Di certo per lui non è stata solo una maledizione, anzi… È un interprete ed un cantante così dotato, con un approccio solido e costante, e lo ammiro per questo. Lui e Robbie Williams hanno fatto dischi di Natale perfetti. Io ogni tanto preferisco deviare, seguire l’istinto. Non volevo mettermi su quella scia”.

Racconta Cullum che la sua percezione della musica è stata cambiata da Sufjian Stevens “Il suo disco di natale è diventato parte del nostro rituale di famiglia: c’è ironia, divertimento, anche un po’ di riflessioni serie. È uno dei più dotati cantautori della mia generazione, è il nostro Bob Dylan. 'Carrie & Lowell' è il mio disco preferito di sempre. Anche Bob Dylan ha fatto un disco di natale, a proposito. Autori così, che hanno un loro repertorio, fanno album di natale che funzionano, per espandere aspetti del mood del periodo. Sufjan Stevens è riuscito a farmi vedere la musica di natale in maniera diversa”, continua. Non come qualcosa di stucchevole, ma come un esempio di di quello che la musica natale può dare alla gente anche a Natale”.

Estate vs. Inverno
“Se pubblichi un disco in estate, non sai mai come quella musica si inserirà nella vita delle persone. Nel Natale è diverso: le canzoni sono più focalizzate, la loro funzione è definita. Se va bene per Bob Dyla, può andare bene anche per me”, spiega ancora Cullum.
Gli faccio notare che uno dei paradossi della musica di Natale è che viene scritta e incisa solitamente durante l’estate, nel periodo meno natalizio che c’è. “The pianoman at Christmas” non fa eccezione: è stato scritto la scorsa primavera e registrato ad Abbey Road durante i due lockdown. Quello che richiede concentrazione non è tanto registrare fuori stagione, quanto scriverle. Per entrare in quella zona mi sono concentrato, ho letto racconti di Natale. Una volta a Tom Waits hanno chiesto come faceva a scrivere dalla prospettiva di quei personaggi così particolari: si usa l’immaginazione, e non è un genere di domanda che si fa ad uno scrittore di romanzi. Si entra in quel mondo, lo si vive, ed è così anche per le canzoni. Pensi ai piccoli dettagli: mi sono ricordato del pranzo dell’anno scorso, quando eravamo troppi al tavolo, o mio fratello che bevve vino da un bicchiere di plastica perché erano finiti bicchieri. Cose così.

Campanellini vs. Pianoforte
Il primo suono che si sente in “The pianoman at Christmas” sono i classici campanellini. I dischi di Natale hanno dei codici sonori ben precisi, che sono anche degli stereotipi limitanti. “‘River’ di Joni Mitchell è una canzone di Natale che ti segue tutto l’anno. Ci sono almeno 4 o 5 canzoni di questo alcbim che mirano allo stesso obiettivo", spiega Cullum. "Ma quella dei dischi di Natale è una paletta sonora che adoro. L’ho usata ad istinto quando serviva, e altre volte no, perché sembrava stucchevole. Campanelli, timpani, certe sequenze di accordi.. certe volte erano perfetti per le canzoni, altre no”, spiega. I miei dischi preferiti di Natale hanno questi suoni, ma non solo: oltre a Sufjan Stevens, James Brown, Nat King Cole, Ray charles’s Xmas, e Donny Hattaway. E la mia canzone preferita è “Have yourself a merry little Xmas”, è perfetta".
Cullum conclude dicendo che probabilmente farà dei concerti in streaming, se non ripartono quelli veri: “Questa situazione mi ha ricordato che nulla è sotto il nostro controllo”