MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

​​​​​​​​​​​​​​

​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​


MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Max Gazzé, l'arte di cantar difficile - "Ma prendiamola in modo leggero"

Max Gazzè è un cantautore un po' speciale. Divertente e serissimo, bizzarro e discontinuo, non sai mai se stia per sfornare un delizioso rompicapo musicale (come nel caso dell'ultimo brano sanremese, «Il solito sesso») oppure album troppo aerei non destinati a lasciare il segno (l'ultimo, di due anni fa, «Tra l'aratro e la radio»). Reduce dalla prima prova d'attore in «Basilicata Coast to Coast» di Rocco Papaleo, in questa primavera che sta fiorendo di buoni lavori italiani (The Niro, Amor Fou) lontani dalla paccottiglia che ha dominato l'inverno, il riccioluto musicista attraversa un momento creativo felice: il nuovo album «Quindi?», nel suo stile inconfondibile e con 12 canzoni (nessuna delle quali inutile, caso raro) segna un equilibrio fra felice, sofisticata orecchiabilità delle melodie (con alcuni pezzi romanticissimi), e testi di ispirazione decisamente strampalata che producono titoli come «Nuovi allineamenti di Stonhenge» o «DNA (desossiribonucleico)».

Si intuisce una sfida alla mediocrità imperante, ma Gazzé la prende molto bassa: «Sto lavorando con questo mio amico, Gimmi Santucci, che firma con me le canzoni. Viene da tutt'altro percorso, lui. Ci siamo messi lì di fronte a delle tazze di thé, e abbiamo indagato su passioni e ricerche, dalla fisica alla filosofia: spesso capitava che tornassi a casa e scrivessi canzoni, mentre lui per conto proprio buttava giù un testo. Era bellissimo poi, capire che tipo di melodia sovrapporre. Paradossalmente, i brani più complicati invitano ad un ascolto più superficiale, "Stonehenge" ha anche un gioco metrico; "DNA", con la parola più incantabile del vocabolario italiano, viene cantata con un po' di dadaismo. Tutto sta a non indagare il significato vero, si può anche avere solo una percezione emotiva».

S'intravvede una vita personale serena, e la presenza di bambini, che Max conferma: «Mi sono separato, sto più spesso con i miei due figli». Per questo spunta forse «Storie crudeli», che se la prende con i Teletubbies: «Un programma governativo della BBC manda un messaggio che significa "Diventerete tutti dei robot". Se un bambino vede una cosa simile, non ha gli strumenti per interpretare».

Ma per lo più, Gazzé trasmette una sensazione di easy going: «Ho fatto una scelta di uscire da percorsi mentali tortuosi, con la caccia ai produttori di grido, con l'ultima moda che ti perseguita. Ho cercato di non scimmiottare niente, di fare un lavoro onesto di musiche e parole».

Ma alla fine, caro Gazzé, il suo sembra un disco provocatorio, per la nostra epoca....«Ho già lasciato questo mondo da tempo, è la coscienza che cambia, il modo di andare avanti. Non considero il mio lavoro antico o moderno, ma una percezione tradotta in fatto musicale. Quel che conta è che si dica "Che bella canzone". Alcune armonie risuonano al di là del significato analitico: "La cosa più iumportante" spiega appunto che tentar di capire le cose crea un limite». Lei è anche un ottimista incallito? «Ma sì, bisogna cominciare a proporre un po' di serenità in questo mondo, argomenti che non diano preoccupazione e ansia. Anche nelle favole». Seguiranno apparizioni estive in alcuni festival, e un tour teatrale nell'inverno.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Max Gazzè - A cuore scalzo

Max Gazzè - A cuore scalzo