Eccoci, benvenuti a tutti, la lunga maratona musicale è iniziata, con l’ottimo Paolo Belli, che oltre ad essere un intrattenitore da prima serata in Rai è anche un grande amante della musica, un musicista appassionato e un gran bravo ragazzo, perfetto per “l’anteprima”, pomeridiana dove salgono in scena band emergenti. Saremo con voi fino alla fine della serata, buon ascolto e buona lettura.
Si comincia con quella curiosa mistura di reggae e dialetto che sembra, curiosamente, aver messo radici nella musica del nostro paese, di tutto il paese, dalle Alpi alla Sicilia. Chissà come mai il reggae, che ha un pubblico assai limitato in numeri assoluti, non vende dischi, non è programmato dalle radio, è sostanzialmente bandito dalla tv, trova invece grande spazio nei centri sociali, nelle reti underground, nella cultura giovanile diffusa. Non sto dicendo che non mi faccia piacere, ma che in qualche modo è diventata ovvia, risaputa. La band in scena (non ho capito il nome, Reggae Sound nella parte finale), è vivace e divertente, lascia scatenare la platea, ma non possiamo dire che abbia un repertorio “nuovo”.
Rosso Malpelo, vincitori di Primo Maggio tutto l’anno. Finchè sembrano balcanici non sembrano male, molto Bregovic, e via discorrendo. Ma quando si mettono a fare la versione di Paolo Conte-Sergio Caputo, diventano decisamente meno interessanti, anzi….mi suggeriscono che sembra Belouis Some, da vecchio
“Gruppo molto eclettico”, dice Paolo Belli della band che sale in scena, con un cartello “Sogno sghisghigno”. Non si possono guardare e , francamente, non si possono sentire. Ancora balcan.ska e via discorrendo, con iniezioni di ironia, teatralità, la citazione di Totò. Non se ne può più. CamilloRe fa del suo meglio, è scatenato, vivace, però, a dirla tutta, se avesse fatto un altro pezzo sarebbe stato peggio.
E adesso gli eccellentissimi Bud Spencer Blues Explosion, ma salta l’inizio, per orari, sigle e quant’altro. Arriva Sabrina Impacciatore con i baffi finti. Mah. Sabrina parla e spiega il titolo della giornata, il colore delle parole. “Siamo una manciata di coriandoli nell’universo”, dice Sabrina Impacciatore. Valerio Scanu ha preso appunti, ci farà una canzone, sicuro.
Bud Spencer Blues Explosion. Al di la del fatto che hanno il nome più bello di tutti, spazzano via tutto quello che abbiamo sentito prima con un Hendrix ad altissimo potenziale. Sono solo due, sembrano 40, non fanno nulla di nuovo neanche loro, ma fanno benissimo. E hanno quest’aria splendidamente normale che rende immediatamente stupidi quelli che vanno in scena con la corona in testa o con i capelli colorati. Non ne hanno bisogno, suonano, duro e forte, chitarra e batteria, senza sosta e senza tregua, rock, e basta, per la miseria. E sono modernissimi senza bisogno di sembrarlo.
Una coppia perfetta, un muro di suono inattaccabile, rock e null’altro, con uno stile chitarristico invidiabile, Fantastici, bravissimi, travolgenti, i migliori.
Nina Zilli salte con la sua band e i suoi enormi orecchini. A Sanremo aveva fatto bella figura (beati monoculi in terra caecorum), e qui il suo progetto in stile Duffy trova spazio sufficiente per andare in scena in maniera completa. Non è malaccio, intrattenimento di buona qualità. Sul fronte del pop può trovare un suo spazio, non direi che acquisterei un intero disco, ma per qualche singolo può andare e dal vivo ha una buona band.
Un gruppo di amici, con Elio Germano che legge Trilussa. Divertenti, molto da televisione, non molto da piazza San Giovanni Non è gran chè. Ma per la piazza cambiano. E quando attaccano “Tanto pe’ cantà”, come un simpatico coro di ubriachi, la piazza salta e ballano tutti, compresa Sabrina Impacciatore. Immancabile “E vai”, citando Alberto Sordi, che forse dovrebbe essere ironico. Marco Conidi fa da lead singer, la piazza applaude…..
Sabrina Impacciatore ha sempre il fiatone, il che è curioso. E senza fiato presenta i Tre Allegri Ragazzi Morti. Sono in giro da moltissimi anni, stelle del rock alternativo italiano, anche se rock è un termine esagerato per la musica della band di Pordenone, perchè le loro sono canzoni, il reggae gioca un ruolo determinante, e l’elettricità è minima. Le maschere le hanno sempre addosso, e vederli in tv, dove non appaiono quasi mai, fa ancora un certo effetto. Sono bravi, tranquilli per la loro strada, musicisti appassionati, che se ne fregano di successo, soldi e fama, ma sono riusciti a costruirsi un discreto seguito nel corso degli anni. Non sono travolgenti, non vogliono esserlo, cercano di catturare l’attenzione del pubblico più sui testi e le atmosfere.
Il violino suonato come la chitarra elettrica è un ‘idea, non è male. Lenny Kravitz non poteva mandare. La Impacciatore al tamburello fa del suo meglio, ma non è per lei. Subito dopo arriva Simone Cristicchi, con il suo show. Non so cosa ne pensiate voi, ma a me è simpatico, è originale, curioso, appassionatao, intelligente. Il Coro dei Minatori di Santa Fiora lo accompagnano in una versione, immancabile, di Bella Ciao. Interpretata giustamente con un tono forte e corale, come si conviene alla festa del Primo Maggio. Genova Brucia, il pezzo seguente, è l’unica canzone italiana che io ricordi dedicata a Genova 2001 indiscutibile nella forma e nel testo. Bravo, bravissimo. A me diverte anche la canzone di Sanremo, scatenata e elettrica. E anche il finale popolare, ci sta tutto.
I Funk Off mi sono sempre piaciuti, sono forti, sanno suonare e fanno grande intrattenimento, sembrano una band per ballare, certamente lo sono, ma sono anche degli ottimi musicisti che fanno una “fusion” di jazz, soul e funk decisamente allegra e originale. Se potessero scendere dal palco e andare tra il pubblico scatenerebbero un delirio tra i centomila della piazza.
Una domanda. Ma perchè Sabrina Impacciatore ha sempre il fiatone quando arriva in scena? E poi la piccola recita “ispirata” a Moretti è davvero miserrima. Vabbè. Ed ecco Beppe Voltarelli e Alfio Antico. Ora, Antico è certamente stato un grande personaggio della musica popolare italiana, Voltarelli ha avuto un relativo successo con Il Parto delle Nuvole Pesanti, la loro collaborazione poteva essere interessante, non lo è molto, a dire il vero. Ma lo slogan che li accompagna, con il quale loro chiudono la loro esibizione, “Svegliati Sud, non dormire”, è bello e importante, niente lamenti ma voglia di reagire.
E’ vero, sia i Modena che Guccini hanno scritto canzoni su Genova, ma quella di Cristicchi, se posso dire, è quella che a distanza di tempo riesce ad essere ancora forte, credibile e attuale. Il brano di Guccini è più doloroso, quello dei Modena più retorico. E comunque meno male che qualcuno come loro abbia sentito il bisogno di scrivere delle canzoni su quei terribili giorni.
Possiamo sorvolare sul siparietto con Sabrina Impacciatore che canta. E finalmente arrivano gli Asian Dub Foundation. Ritmo, dance, electro, gli Asian Dub Foundation conoscono bene il loro mestiere, e nonostante siano in scena con la luce del giorno riscaldano la piazza nella maniera migliore.
Certo, fare una scaletta ragionevole in una giornata come questa è difficile, ma dire che il salto tra gli Asian Dub Foundation e Samuele Bersani è un salto mortale è il minimo. Suoni diversi, atmosfere diverse, mondi diversi. Facciamo un po’ fatica a resettare tutto. Però Bersani è bravo, e le sue canzoni sono intelligenti e belle. Ha un set che comincia in salita, ma già dopo qualche minuto ha fatto dimenticare gli Asian Dub Foundation. Chicco e Spillo ha già diciott’anni sulle spalle, ma non si sentono, anzi la versione “aggiornata” dell’arrangiamento rende giustizia a un brano che racconta una storia che resta sempre attuale.
Cristiano Godano e Gianni Maroccolo guidano il progetto “Beautiful” che sta andando in scena adesso. L’audio non è dei migliori, ma non mi sembra che, almeno ad un primo ascolto, il risultato sia buono. Energici, tradizionali (nel senso che il richiamo a Peter Gunn Theme era evidente anche ai sordi), l’inserimento di Howie B non mi sembra riuscitissimo, strilla un sacco senza costrutto. E il risultato generale è piuttosto palloso
Bennato ha concluso la parte della diretta con dignità e, mi piace sottolinearlo, è troppo spesso dimenticato, E’ stato un grande, lo potrebbe essere ancora, dal vivo è bravo e sul palco ci sa stare meglio di tanti altri
Siamo in pausa, ci vediamo dopo
Allora, il concertone è ricominciato, noi siamo ancora qui e ci saremo fino alla fine. Ci sono stati, nel fratemmpo, la Roma Sinfonietta, la prima volta della musica classica al concertone del Primo Maggio, e poi il grandissimo Massimo Ranieri, che ha letto una bellissima poesia di Eduardo De FIlippo. E l’accenno a “Perdere l’amore”, in chiave lavoro è stato notevole….
Poi i saluti dei tre leader sindacali, e l’inutile, quanto brutta, versione di “Quando calienta el sol”, cantata da Beppe Voltarelli e Roy Paci. Adesso è la volta dello scottish soul-pop di Paolo Nutini. Lui non è male, musica gradevolissima, senza nulla a pretendere. Nutini sa come far divertire la gente, non solo con il suo singolo “new shoes”, ma anche con una divertente iniezione di soul e una bellissima ballata. E’ bravo, canta bene, s’atteggia a bello e maledetto quanto basta, sembra ubriaco, forse lo è, molto più probabilemnte no, ha una eccellente band che lo accompagna e il suono, rispetto al pomeriggio, è molto migliorato.
Il palco è molto bello, le luci sono diverse dal solito e l’effetto, arrivato il buio, è molto bello. E’ vero, la distanza tra il palco e la platea è davvero eccessiva, non c’è nemmeno un ponte allungato oltre le prime file, se avessero pensato una soluzione diversa non sarebbe stato male. La parte “recitata” dalla Impacciatore, e dai suoi colleghi attori, Rolando Ravello, Claudio Santamaria e Carlotta Natoli, era giustamente retorica, accompagnata dalla msusica, sempre notevole, dei Funk Off, che rileggevano alla loro maniera i Procol Harum.
Arriva Carmen Consoli, non esattamente artista da concerto di piazza con centomila persone. Ma ci prova, imbracciando il basso, a dare perle alla platea, che non può battere le mani o saltare. Carmen ha uno stile che ormai è consolidato e inconfondibile, non concede strappi alla regola. E’ brava, personale, originalissima. Io, peronsalmente, non sono un fan della Consoli, ne comprendo la grandezza ma non è il mio genere, alcune canzoni mi piacciono molto, molte altre mi piacciono meno. Il set breve dal palco di S. Giovanni ha cercato di rendere giustizia a tutta la sua poetica, alla sua forza, al suo modo di fare musica e spettacolo. E merita un dieci
Ora tocca a Sabrina Impacciatore, ex ragazza di Non è la Rai, convertita ad altro, soprattutto al mestiere di attrice. Ora canta e con un inglese davvero notevole. Non si capisce perchè chi presenta il concertone non resiste alla tentazione di cantare. E addiritura, dato che non sentiva, ricanta la canzone dall’inizio. “Posso ricominciare”, chiede Sabrina, “NOOOOOOOOOO!” urla il pubblico come un sol’uomo, interpretando il comune pensiero anche degli spettatori da casa. Ma se ne frega, e ricomincia.
Per fortuna ha finito. Ma qualcuno ci dovrebbe spiegare perchè ha dovuto cantare alle 21.40. Avrebbe potuto cantare nel pomeriggio e nessuno avrebbe protestato più di tanto, sarebbe stato un gioco, magari simpatico (vabbè non esageriamo). Ma perchè in prima serata, dopo Nutini e la Consoli? E’ brutto, sbagliato, inascoltabile. Parte la pubblicità, ci riprendiamo per qualche minuto
Torna la diretta, e arriva “un poeta errante della musica”, è il momento di Vinicio Capossela. Una marcia ne annuncia l’ingresso. Il cappello da bolscevico, o da personaggio di Marc Chagall, la musica libera e sognante, scoscesa e irregolare, una band con Marc Ribot, e tutti gli abituali numeri del suo affascinante circo, servono a trasformare il concerto del Primo Maggio in qualcosa di diverso. Le note dell’Internazionale chiudono i brano d’esordio. E’ una musica senza confini e senza frontiere, dove la parola ha lo stesso peso specifico delle note, dove l’emozione e la sorpresa hanno un ruolo essenziale. Non è un artista come tutti gli altri, anzi, è un artista, non un cantautore, che sa intrattenere il suo pubblico e allo stesso tempo creare.
Arriva GInevra Di Marco per affiancare Capossela in una canzone di Matteo Salvatore, e continuare con musica popolare. Il tentativo di Capossela di rimettere la muisca popolare nel circolo sanguigno della musica italiana è pregevolissimo e importante. E poi non si capisce perchè dovremmo apprezzare inglesi e americani quando lo fanno e schifare chi lo fa dalle nostre parti.
Enzo del Re. Sicuramente i più giovani non lo hanno mai visto o non lo conoscono. Ha scritto “Lavorare con lentezza”, l’ha dempre suonata con il suo strumento preferito, la sedia, con la quale è in scena anche questa sera. Negli anni Settanta andava molto nelle manifestazioni della sinistra extraparlamentare, la canzone si cantava spesso nei cortei, ma anche quando si era in tanti, con la chitarra o senza….
A dire la verità può anche essere originale portare sul palco Enzo Del Re, ma francamente, passi per “lavorare con lentezza”, ma al secondo pezzo qualche difficoltà la provo.Il pubblico si diverte, ma non mi sembra sia il massimo….
Vinicio riprende la scena, con Roy Paci, e tutto il suo affascinante circo, compreso l’escapista appeso al filo, i coriandoli, i fuochi d’artificio. Circo di gran classe, divertimento popolare, e l’esaltazione della gioia. A sorpresa va via la giacca, il cappello, la chitarra si fa elettrica e la musica di Vinicio, restando sempre popolare, si tinge di colori nuovi: e’ l’immancabile Ballo di San Vito, che manda in visibilio la platea e, francamente, anche a me piace molto. La versione è travolgente, distorta, inarrestabile, caotica, è un ballo di san vito in grado di scardinare i muri, potrebbe durare anche altri dieci minuti…
Vinicio torna al pianoforte e dedica una canzone a Renzo Fantini, manager di Francesco Guccini, Paolo Conte, e anche di Vinicio agli esordi, uno dei grandi personaggi della musica italiana, scomparso di recente.
E ora arrivano i Baustelle. Io non li amo. E non mi sembra di avere torto. Sono reazionari, nel senso che vogliono riportare indietro l’orologio della melodia e della canzone italiana, cosa che mi sembra evidente anche in questo “gli spietati” che apre il oro set. Pretenziosi? Si, senza dubbio alcuno. Potrebbe non essere necessariamente un difetto, il mondo è pieno di artisti pretenziosi che però meritano stima e rispetto. Bianconi e i suoi mi sembra, però, che utilizzino la pretensiosità per vestire d’intellettualità il lavoro attorno alla canzone, al pop. Prendete il secondo brano del set, simpaticamente “sixties”, leggero e beat, ma con un testo “elaborato” che sposta la canzone in un contesto diverso. Ecco: c’è chi ama questo slittamento della comunicazione, lo trova intelligente e geniale. A me sembra, invece, costruito a tavolino, freddo, calcolato, e sfortunatamente a lungo andare ripetitivo. Faccio notare che nella lunga coda strumentale del brano, quando sfuggono alla canzone e scelgono altro, il loro pop diventa invece brillante e piacevole, sfugge alla patina “intellò” e diventa più appassionato.
Secondo me non c’è parentela con gli Afterhours, che non brillano per comunicativa o simpatia, ma hanno decisamente creatività e energia, originalità e passione. Mentre i Baustelle lavorano in laboratorio, pesano parole e suoni, calibrano ogni operazione e la filtrano, non consentendo sentimento. Bianconi è una persona intelligente, e di persona è anche simpatico, brillante, sicuramente è un uomo intelligente. Però si trasforma in scena in un personaggio diverso. Come dimostra il pezzo che stanno eseguendo adesso, al quale è difficile, formalmente, fare appunti, bella melodia, testo interessante, costruzione armonica affascinante, eppure nell’equilibrio generale, freddo. Forse sono io che non capisco, forse il loro iperrealismo li costringe alla freddezza emotiva, e questa freddezza è parte dello stile.
Vanno via velocemente come sono arrivati i Baustelle, e lasciano il palco a Roy Paci. Bravo ragazzo, ottimo trombettista, eccellente intrattenitore, semnza ulteriori pretese che far divertire il pubblico. Cosa che, tranne con l’ultimo pezzo, davvero debolissimo, è riuscito a fare ottimamente
Alle 23 e 20, incredibile, arriva Claudio Lolli. E il professore, autore di canzoni leggendarie negli anni Settanta, come “Michel”, “Ho visto anche degli zingari felici” e molte altre ancora, prova a parlare di Vietnam, del 1975, alla sua maniera, una bellissima vecchia canzone del suo miglior repertorio.
Si ricomincia, la quarta parte del concertone, con Enrico Capuano, promosso dopo anni di pomeriggio al concerto serale. Capuano è un classico del Primo Maggio, c’è sempre, magari ci sarà anche quando il concertone non si farà più, lui e la sua band arriveranno a San Giovanni e suoneranno per chi c’è.
Quindi, mezzanotte è passata da tempo, è la volta di Pietra Montecorvino, ma siamo già in una fase della serata che è difficile definire. Intrattenimento ritmico, festa, mix di musica mediterranea, musica popolare, rap e funk. Pietra Montecorvino si avvia al finale con una Dove sta Zazà riletta in chiave mediterranea, che lascia il tempo che trova
Sabrina Impacciatore sale con il suo cane per salutare e concludere. Lei, francamente, non è stata all’altezza del compito, troppo coatta, troppo finta, del tutto inadatta alla gradnezza della manifestazione. E per ultimo, sui titoli di coda, canta Roberto Giglio, mentre anche gli ultimi resistenti del pubblico della piazza si avviano a casa.
Anche io stacco, vi ringrazio per la vostra partecipazione, appuntamento ai prossimi giorni.
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Bella Ciao - Simone Cristicchi ~ Concerto Primo Maggio 2010